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martedì 24 giugno 2014

Legittimi i controlli dell’azienda sull’abuso dei permessi della 104

Nella sentenza n.4984 del 4 marzo 2014 la Corte di Cassazione, dopo aver confermato la legittimità dei controlli disposti dall’azienda sul corretto utilizzo da parte del dipendente dei permessi previsti  dalla  Legge n.104/1992, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa irrogato in seguito al riscontrato abuso degli stessi.   

Nel caso di specie l’azienda aveva licenziato per giusta causa un lavoratore, avvalendosi dei risultati prodotti dai controlli affidati ad un’agenzia investigativa, che avevano accertato un utilizzo dei permessi per finalità diverse da quelle tutelate dalla norma.

Il Tribunale adito,  ritenuto illegittimo il recesso, aveva condannato il datore di lavoro a reintegrare in azienda il dipendente.

Per il Giudice del primo grado,  in assenza di un illecito che giustificasse l’attività ispettiva, i controlli disposti dalla società dovevano considerarsi illegittimi, con conseguente inutilizzabilità in sede disciplinare della prova ricavata attraverso l’indagine compiuta dall’agenzia incaricata.

Successivamente, la Corte di Appello aveva però ribaltato la decisione del Tribunale, osservando che la contestazione disciplinare da cui era scaturito il licenziamento, avendo riguardato  l'illecito utilizzo di un permesso ex art.33 della Legge n.104/92, fosse del tutto legittima.

In particolare, la condotta da cui era sfociato il recesso era stata ritenuta aggravata dalla qualifica direttiva posseduta dal lavoratore.

La Corte del merito, dopo aver confermato che  il controllo a mezzo di un’agenzia investigativa è consentito solo se indispensabile per l’accertamento di un illecito e se privo di alternative,  ha ricordato che  la natura illecita dell’abuso dei richiamati permessi non poteva essere negata, sia per i danni provocati all’Inps, quale  soggetto erogatore della relativa indennità, che per quelli causati al datore di lavoro che,  oltre a fronteggiare i disagi prodotti dall’assenza del lavoratore,  deve accantonare per le giornate di assenza la quota di trattamento di fine rapporto

Il Giudice dell’Appello, inoltre, aveva ricordato che per giustificare il ricorso al controllo occulto difensivo fosse sufficiente  il ragionevole sospetto che il lavoratore tenesse comportamenti illeciti.

Tra l’altro, dalla prova testimoniale era emerso che in due diverse occasione il lavoratore  aveva dichiarato di avere trascorso una vacanza in week-end lungo, per la quale aveva utilizzato  i permessi della Legge 104.

Proprio le dichiarazioni dei testi avevano palesato la sussistenza di un ragionevole sospetto  che tali permessi non fossero utilizzati dal dipendente  per assistere la madre, giustificando così il controllo difensivo occulto per l’accertamento dell’abuso fraudolento.

Investita della questione, la Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro può ricorrere ad un’agenzia investigativa per  l’accertamento di eventuali  mancanze specifiche dei dipendenti.

Premesso che la vigilanza demandata alle predette agenzie non può sconfinare nel controllo dell'attività lavorativa vera e propria, riservata dall’art. 3 dello Statuto dei lavoratori  direttamente al datore di lavoro ed ai suoi collaboratori, tale intervento può essere invece  giustificato  non solo in caso di avvenuta perpetrazione di illeciti, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che tali illeciti siano in corso di esecuzione.

Tornando alla vicenda in commento, la Suprema Corte ha aggiunto che il controllo finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio dei permessi ex art. 33 della Legge n.104/92 non aveva riguardato l’adempimento della prestazione lavorativa, in quanto era stato effettuato al di fuori dell’orario di lavoro ed in fase di sospensione dell’obbligazione principale di rendere la prestazione lavorativa.

Si tratta di circostanze che hanno indotto la Cassazione a confermare la correttezza della decisione impugnata, che aveva ritenuto configurato l’abuso del lavoratore nell’esercizio del diritto alla fruizione dei permessi per finalità diverse da quella dell’assistenza al familiare.

In forza del suo disvalore sociale, la condotta del dipendente aveva leso irrimediabilmente il rapporto fiduciario connesso al contratto di lavoro, legittimando il recesso aziendale.

Per tutte le richiamate ragioni la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso.

Valerio Pollastrini

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