Nel
caso di specie, una casa di cura aveva licenziato per giusta causa la caposala
poiché la stessa aveva ricoperto il ruolo senza possederne i titoli richiesti
dalla legge.
La
Corte di Appello di Torino, confermando la sentenza di primo grado, aveva
ritenuto illegittimo il recesso ed aveva disposto, in favore della dipendente,
la reintegrazione in azienda, oltre al
risarcimento del danno, stimato nella somma equivalente alla retribuzione di 7
mensilità.
Investita
della questione, la Cassazione ha premesso come, dagli atti, fosse risultato
che la dipendente, prima di essere assunta, non aveva rilasciato false
attestazioni in merito al titolo posseduto, in quanto lo stesso datore di lavoro,
prima di instaurare il rapporto, era pienamente a conoscenza delle attestazioni
professionali della donna.
Inoltre,
la Corte del merito, pur confermando che il diploma di vigilatrice di infanzia
e la laurea in psicologia abilitassero la lavoratrice a svolgere le mansioni di
caposala solamente nel settore della pediatria, tuttavia, la ricorrente era
stata adibita solamente alle relative funzioni amministrative e non
infermieristiche.
Conseguentemente,
la Suprema Corte ha confermato l’illegittimità del recesso aziendale.
Valerio
Pollastrini
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