Il
caso in commento è quello del legale rappresentante di una società di
costruzioni, ritenuto colpevole, sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello,
per il decesso di un dipendente che, privo di mezzi di protezione individuali,
era caduto da un ponteggio, reso
pericoloso dalla mancanza di parapetti su due lati.
Al
datore di lavoro era stata inoltre contestata la mancata adibizione di
personale preposto alla vigilanza sul rispetto delle norme di sicurezza.
Ricorrendo
in Cassazione, l’imputato aveva permesso che la vittima, sebbene sconsigliata
da un collega, per liberarsi delle parti
smontate gettandole al suolo, aveva volontariamente disatteso le norme
precauzionali, rimuovendo i tubolari posti a protezione del castello aereo.
Secondo
il ricorrente, la condotta, assunta dal lavoratore in aperto contrasto con le istruzioni
ricevute, aveva causato un evento
eccezionale ed imprevedibile, per via dell’ abnorme deviazione della vittima
dall’ordinario profilo comportamentale.
Conseguentemente,
sarebbe illogica e priva di supporti l'affermazione con
la quale la Corte territoriale aveva escluso che una simile imprudenza fosse imprevedibile.
In
sostanza, la Suprema Corte è stata chiamata a valutare se l’infortunio mortale,
causato dalla condotta abnorme del dipendente, fosse ugualmente prevedibile da
parte del datore di lavoro.
Come
già precisato in passato (1), la Cassazione
ha ricordato che la colpa del lavoratore
non esime l’imprenditore dalle proprie responsabilità.
Il rapporto di causalità tra la violazione e
la morte o le lesioni del dipendente può
essere escluso unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del
comportamento del lavoratore, la cui imprudenza, nel causare l’infortunio, si
ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti per la sua
stranezza e imprevedibilità.
In
sostanza, per assolvere il datore di lavoro da ogni responsabilità, è
necessario che la volontaria condotta assunta dall’infortunato sia radicalmente ed ontologicamente lontana dalle azioni
ipotizzabili e, quindi, prevedibili.
La
Suprema Corte ha però escluso che tali circostanze esimenti si fossero
verificate nel caso di specie.
La
norme sulla sicurezza impongono, infatti, al datore di lavoro l’obbligo
d'impedire prevedibili imprudenti condotte dei dipendenti, attraverso l’utilizzo
di strumenti e macchinari non agevolmente alterabili, l'uso obbligatorio di
dispositivi individuali di protezione e, la predisposizione di personale di
vigilanza che impedisca l'accesso a procedure pericolose.
A
detta dei giudici di legittimità, se l’azienda avesse rispettato le suddette
prescrizioni, la vittima non avrebbe rimosso i tubolari e la protezione su uno dei lati
della struttura, per liberarsi con maggiore facilità dei materiali gettandoli
al suolo.
Per
tale ragione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del datore di lavoro.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
Cass., Sentenza n.23292 del 28 aprile
2011;
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