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mercoledì 4 giugno 2014

La condotta imprudente del dipendente non esclude la responsabilità dell’infortunio in capo al datore di lavoro

Nella sentenza n.22247 del 29 maggio 2014, la Corte di Cassazione, aderendo all’orientamento particolarmente restrittivo della giurisprudenza di legittimità, ha ribadito che l’infortunio del dipendente, causato dalla sua condotta imprudente, non esime il datore di lavoro dalle proprie responsabilità.

Il caso in commento è quello del legale rappresentante di una società di costruzioni, ritenuto colpevole, sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello, per il decesso di un dipendente che, privo di mezzi di protezione individuali, era caduto da un ponteggio, reso pericoloso dalla mancanza di parapetti su due lati.

Al datore di lavoro era stata inoltre contestata la mancata adibizione di personale preposto alla vigilanza sul rispetto delle norme di sicurezza.

Ricorrendo in Cassazione, l’imputato aveva permesso che la vittima, sebbene sconsigliata da un collega,  per liberarsi delle parti smontate gettandole al suolo, aveva volontariamente disatteso le norme precauzionali, rimuovendo i tubolari posti a protezione del castello aereo.

Secondo il ricorrente, la condotta, assunta dal lavoratore  in aperto contrasto con le istruzioni ricevute,  aveva causato un evento eccezionale ed imprevedibile, per via dell’ abnorme deviazione della vittima dall’ordinario profilo comportamentale.

Conseguentemente, sarebbe   illogica e priva di supporti l'affermazione con la quale la Corte territoriale aveva escluso che una simile imprudenza fosse  imprevedibile.

In sostanza, la Suprema Corte è stata chiamata a valutare se l’infortunio mortale, causato dalla condotta abnorme del dipendente, fosse ugualmente prevedibile da parte del datore di lavoro.

Come già precisato in passato (1), la Cassazione ha ricordato che la colpa del lavoratore  non esime l’imprenditore dalle proprie responsabilità.

Il rapporto di causalità tra la violazione e la morte o le lesioni del dipendente  può essere escluso unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore, la cui imprudenza, nel causare l’infortunio, si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti per la sua stranezza e imprevedibilità.

In sostanza, per assolvere il datore di lavoro da ogni responsabilità, è necessario che la volontaria condotta assunta dall’infortunato sia  radicalmente ed ontologicamente lontana dalle azioni ipotizzabili e, quindi, prevedibili.

La Suprema Corte ha però escluso che tali circostanze esimenti si fossero verificate nel caso di specie.

La norme sulla sicurezza impongono, infatti, al datore di lavoro l’obbligo d'impedire prevedibili imprudenti condotte dei dipendenti, attraverso l’utilizzo di strumenti e macchinari non agevolmente alterabili, l'uso obbligatorio di dispositivi individuali di protezione e, la predisposizione di personale di vigilanza che impedisca l'accesso a procedure pericolose.

A detta dei giudici di legittimità, se l’azienda avesse rispettato le suddette prescrizioni, la vittima non avrebbe rimosso  i tubolari e la protezione su uno dei lati della struttura, per liberarsi con maggiore facilità dei materiali gettandoli al suolo.

Per tale ragione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del datore di lavoro.

Valerio Pollastrini


(1)   – Cass., Sentenza n.23292 del  28 aprile 2011;

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