Nella
vicenda in commento, sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano accolto
il ricorso con il quale un lavoratore, chiamando in giudizio due società, aveva
avanzato la sussistenza del suo rapporto alle dipendenze con la prima di esse.
La
Corte territoriale aveva accertato come il lavoratore, formalmente alle
dipendenze di un’azienda, nell’esecuzione di alcuni servizi appaltati ad altra
società, aveva ricevuto direttive dal personale di quest'ultima, eseguendo le
proprie prestazioni nei locali di essa, insieme ai dipendenti di questa e con
beni e strumenti di proprietà della medesima.
Per
il giudicante, le suddette circostanze palesavano un’illecita interposizione di manodopera.
Investita
della questione, la Cassazione ha ricordato come, in riferimento agli appalti
"endoaziendali", caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore
esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo
ciclo produttivo del committente, la giurisprudenza di legittimità sia concorde
nel ritenere configurato il divieto di
intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (1) nel caso in cui
l'appaltatore metta a disposizione del
committente una prestazione lavorativa, rimanendo a carico del datore di lavoro
formale solamente i compiti di gestione amministrativa del rapporto, come, ad
esempio, l’erogazione della retribuzione o la pianificazione delle ferie, senza che da parte sua ci sia una reale
organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo
autonomo.
La
Suprema Corte ha poi aggiunto che, per la configurazione dell’interposizione
vietata, non è necessario che l'impresa
appaltatrice risulti fittizia, in quanto, l’eventuale estraneità dell’appaltatore
all'organizzazione e direzione del prestatore di lavoro nell'esecuzione dell'appalto,
assorbe ogni questione relativa al
rischio economico ed all’autonoma organizzazione del medesimo.
Tornando
al caso di specie, la Corte di Appello, attenendosi ai suddetti principi, aveva congruamente argomentato che le
risultanze istruttorie avessero accertato come l'organizzazione e le direttive
del lavoro che il dipendente doveva eseguire fossero state impartite dal
personale della società utilizzatrice,
integrando così la fattispecie dell'illecita interposizione nella
prestazione.
Per
tale ragione, la Cassazione ha respinto il ricorso, confermando quanto disposto
dalla sentenza del merito.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
reato previsto dall’art.1 della legge n.1369 del 23 ottobre 1960;
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