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mercoledì 4 giugno 2014

Accertamento dell’interposizione illegittima di manodopera

Nella sentenza n.12357 del 3 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha chiarito che, per verificare la configurazione della supposta interposizione illegittima di manodopera, è indispensabile accertare se il datore  formale assolva unicamente alla gestione amministrativa del rapporto di lavoro con il dipendente, senza organizzare concretamente le  modalità di esecuzione delle prestazioni di quest’ultimo.

Nella vicenda in commento, sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano accolto il ricorso con il quale un lavoratore, chiamando in giudizio due società, aveva avanzato la sussistenza del suo rapporto alle dipendenze con la prima di esse.

La Corte territoriale aveva accertato come il lavoratore, formalmente alle dipendenze di un’azienda, nell’esecuzione di alcuni servizi appaltati ad altra società, aveva ricevuto direttive dal personale di quest'ultima, eseguendo le proprie prestazioni nei locali di essa, insieme ai dipendenti di questa e con beni e strumenti di proprietà della medesima.

Per il giudicante, le suddette circostanze palesavano  un’illecita interposizione di manodopera.

Investita della questione, la Cassazione ha ricordato come, in riferimento agli appalti "endoaziendali", caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, la giurisprudenza di legittimità sia concorde nel ritenere configurato  il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (1) nel caso in cui  l'appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo a carico del datore di lavoro formale solamente i compiti di gestione amministrativa del rapporto, come, ad esempio, l’erogazione della retribuzione o la pianificazione delle ferie,  senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.

La Suprema Corte ha poi aggiunto che, per la configurazione dell’interposizione vietata, non è necessario  che l'impresa appaltatrice risulti fittizia, in quanto, l’eventuale  estraneità dell’appaltatore all'organizzazione e direzione del prestatore di lavoro nell'esecuzione dell'appalto, assorbe  ogni questione relativa al rischio economico ed all’autonoma organizzazione del medesimo.

Tornando al caso di specie, la Corte di Appello, attenendosi ai suddetti  principi, aveva congruamente argomentato che le risultanze istruttorie avessero accertato come l'organizzazione e le direttive del lavoro che il dipendente doveva eseguire fossero state impartite dal personale della società utilizzatrice,  integrando così la fattispecie dell'illecita interposizione nella prestazione.

Per tale ragione, la Cassazione ha respinto il ricorso, confermando quanto disposto dalla sentenza del merito.

Valerio Pollastrini


(1)   – reato previsto dall’art.1 della legge n.1369 del 23 ottobre 1960;

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