Chi siamo


MEDIA-LABOR Srl - News dal mondo del lavoro e dell'economia


mercoledì 18 giugno 2014

Ipotesi di legittimo mutamento delle mansioni del lavoratore

Nella sentenza n.11395 del 22 maggio 2014,  la Corte di Cassazione ha ricordato che le scelte imprenditoriali, comportanti processi di riconversione o ristrutturazione aziendale,  consentono l’adibizione del lavoratore a mansioni diverse, anche  inferiori, con immutato livello retributivo.

Il Tribunale di Trento, in merito al  ricorso proposto da un lavoratore nei confronti del Comune di Baselga Di Pinè, aveva accertato che per effetto della riorganizzazione degli uffici dell’Ente, disposta con la Delibera n. 11/2004, il dipendente  era stato assegnato (1)  alle mansioni di responsabile dell'Ufficio speciale gestione strutture, non equivalenti a quelle di capo ufficio tecnico–urbanistico per le quali era stato assunto.

Per tale ragione, il Giudice aveva condannato il Comune  a reintegrare il ricorrente nelle mansioni equivalenti, secondo la classificazione professionale vigente, a quelle di assunzione e a risarcirgli il danno subito per il demansionamento, liquidato in 23.500,00 €, oltre accessori, con esclusione del danno biologico e morale.

La Corte di Appello di Trento, adita dal Comune anzidetto, aveva però  riformato la decisione di primo grado, rigettando il ricorso originario del dipendente.

La Corte del merito, in particolare, aveva  escluso che nel caso di specie il lavoratore fosse stato oggetto di demansionamento, in quanto, a fronte della comprovata inefficienza degli uffici comunali, l’Ente aveva affidato ad un esperto lo studio approfondito della situazione, all’esito del quale aveva adottato  i rimedi apparsi opportuni, con la conseguente creazione di una Area Tecnica e di un Ufficio specializzato in materia di gestione dei beni comunali.

Attraverso tali provvedimenti, l’Amministrazione aveva posto in essere una nuova ripartizione di materie e di compiti ed aveva ritenuto opportuno affidare alcune funzioni specifiche  alla competenza esclusiva del lavoratore ricorrente.

Le nuove funzioni,  pur non coprendo tutto il raggio del preesistente Ufficio Tecnico, risultavano, tuttavia, di grande rilevanza, come, ad esempio, la realizzazione dello Stadio del ghiaccio e la prospettiva di nuovi lavori relativi alla copertura, e, in ogni caso, rientravano nelle originarie mansioni attribuite al dipendente.

Inoltre, la Corte territoriale aveva rilevato come le ulteriori competenze del preesistente Ufficio Tecnico fossero state incluse nell’ambito dell’Area Tecnica, alla quale era stato preposto un soggetto particolarmente qualificato.

Contro la sentenza di Appello, il lavoratore aveva adito la  Cassazione, contestando al Giudice di secondo grado di aver riconosciuto in favore del datore di lavoro   il potere discrezionale  di modificare, anche in peius, l’inquadramento delle sue mansioni.

A tal proposito, la tesi ricorrente ricordava come l’anzidetta dequalificazione  si scontra  con il  limite posto  dall’art.2013 Cod. Civ., norma che tutela i diritti dei lavoratori di pari livello costituzionale (2).

Investita della questione, la Suprema Corte ha ritenuto infondato tale motivo del ricorso, confermando la conformità della pronuncia impugnata alla giurisprudenza di legittimità (3), secondo la quale, in relazione al divieto di declassamento, l’art.2103 Cod. Civ. deve essere interpretato alla stregua del bilanciamento del diritto del datore di lavoro a perseguire un’organizzazione aziendale produttiva ed efficiente e quello del lavoratore al mantenimento del posto, con la conseguenza ammissibilità, nei casi di sopravvenute e legittime scelte imprenditoriali, comportanti, tra le altre, ristrutturazioni aziendali, dell’adibizione del dipendente a mansioni diverse, ed anche inferiori, a quelle precedentemente svolte, restando immutato il livello retributivo.

Nel caso di specie, la Corte di Appello  aveva fornito in modo adeguato la motivazione con la quale aveva ritenuto  indeffettibile ed improcrastinabile la riorganizzazione degli uffici compiuta dal Comune, evidenziando che, all’esito dell’indagine affidata ad un  esperto, erano stati adottati dall’Ente gli opportuni rimedi, tesi  a fronteggiare le disfunzioni riscontrate nell'Ufficio Tecnico, del quale  era responsabile il ricorrente, con la conseguente creazione di una Area Tecnica e di un Ufficio specializzato per la gestione dei beni comunali.

Secondo la Cassazione, le richiamate circostanze evidenziavano la realizzazione delle comprovate esigenze tecnico-produttive, legittimanti lo ius variandi (4).

Con il secondo motivo di ricorso, il lavoratore aveva dedotto vizio di motivazione a proposito di  un fatto controverso e decisivo, riguardante il giudizio di equivalenza espresso dalla Corte di Appello tra le mansioni di assunzione e quelle rimastegli a seguito della ristrutturazione dell’attività dell’ufficio tecnico (5).

Nello specifico il ricorrente lamentava il mancato raffronto tra le mansioni originariamente attribuitegli all’atto dell’assunzione con quelle risultanti dalla riorganizzazione degli uffici comunali.

La Cassazione ha però rilevato come, sul punto, la Corte territoriale, con motivazione immune da vizi e corretta sotto il profilo giuridico, avesse sufficientemente specificato le ragioni che l’avevano indotta ad escludere l’esistenza di un demansionamento.

La diversa ripartizione delle materie e dei compiti, correlata alla nascita di una Area Tecnica, infatti, aveva comportato l’affidamento al ricorrente della responsabilità del nuovo “Progetto speciale gestione strutture” che, pur non includendo tutte le competenze dell’originario Ufficio Tecnico, risultava di grande rilevanza e conforme alle mansioni in relazione alle quali il ricorrente era stato inizialmente assunto.

Con il terzo motivo del ricorso, infine, il lavoratore aveva   denunciato la mancata motivazione con riguardo alla sua collocazione gerarchica  prima e dopo la riorganizzazione dell’ufficio tecnico.

In particolare, il ricorrente  contestava  alla sentenza impugnata l’affermazione in base alla quale  egli avrebbe addirittura perso la subordinazione rispetto al segretario comunale  e che,  dopo la riorganizzazione degli uffici comunali, avrebbe comunque conservato parte delle mansioni attribuitegli all’atto  dell’assunzione.

Il lavoratore aveva invece sostenuto che, privato del proprio ufficio e dei collaboratori abituali, era stato collocato  alle dipendenze del nuovo responsabile dell’Area Tecnica.

Anche quest’ultima doglianza è stata ritenuta infondata dalla Cassazione che, sul punto, ha chiarito come la Corte territoriale avesse spiegato che, a seguito della riorganizzazione degli uffici comunali, il ricorrente fosse stato chiamato a svolgere parte delle mansioni in posizione di autonomia ed indipendenza, riferendo direttamente al Sindaco e quindi, diversamente dal passato, sottraendosi al controllo gerarchico del Segretario comunale.

Per tutte le richiamate ragioni, la Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo però sussistenti  le giustificate ragioni che, attesa la natura e la particolarità della controversia, consentono la  compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - In violazione della tutela prevista dall’art. 52, 1° comma, del DLgs n.165/2001;
(2)   - Cass., Sentenza n.4370/2005;
(3)   – Cass., Sentenza n.8596 del 5 aprile 2007; Cass., Sentenza n.5285/2007;
(4)   - Cass. SU., Sentenza  n.8740 del 4 aprile 2008;
(5)   - Delibera di Giunta n. 11 dell’ 11 febbraio 2004 e decreto sindacale n.1 del 7 luglio 2004;

Nessun commento:

Posta un commento