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domenica 22 giugno 2014

Infortunio sul lavoro - Assicurazione contro gli infortuni non mortali - Cumulabilità di indennizzo e risarcimento

Nella sentenza n.13233 dell’11 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha confermato che dal risarcimento del danno per l’infortunio subito dal lavoratore deve essere detratto quanto dallo stesso percepito grazie all’assicurazione contro gli infortuni non mortali stipulata dall’azienda in favore dei propri dipendenti.

Il caso di specie è quello di un dipendente che, mentre si trovava al lavoro, era stato investito da un veicolo di proprietà dell’azienda, subendo lesioni personali.

In conseguenza dell’infortunio il lavoratore aveva riscosso l’indennizzo contrattualmente dovutogli in virtù di una assicurazione privata, stipulata dal datore di lavoro a beneficio dei dipendenti.

Il lavoratore, tuttavia, aveva convenuto presso  il Tribunale di La Spezia il datore di lavoro,  il conducente del veicolo investitore e l’assicuratore della r.c.a. del medesimo mezzo, chiedendo nei confronti di tutti i richiamati soggetti il risarcimento dei danni patiti in conseguenza del predetto investimento.

Pur accogliendo la domanda, il Tribunale  aveva detratto dall’importo del risarcimento spettante alla vittima  la somma  già percepita dall’assicuratore privato contro gli infortuni, pari a 20 milioni di lire.

La sentenza di primo grado era stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Genova.

Tale pronuncia era stata impugnata per Cassazione dal lavoratore che, dopo aver ricordato che   il contratto di assicurazione si divide nelle due categorie, soggette a regole differenti, dell’assicurazione contro i danni e dell’assicurazione sulla vita, aveva sostenuto che solo per le assicurazioni contro i danni vige il principio in base al quale l’indennizzo riscosso dall’assicurato non può mai superare l’entità effettiva del danno subito, e quindi il divieto di cumulare l’indennizzo dovuto dall’assicuratore col risarcimento eventualmente dovuto dal terzo per lo stesso fatto.

In sostanza, secondo la tesi del ricorrente, dal momento che l’assicurazione contro gli infortuni rientra tra le assicurazioni sulla vita,  l’indennizzo riscosso per effetto di una simile assicurazione  non può essere detratto da quanto dovuto, a titolo di risarcimento, dal terzo responsabile dell’infortunio.

Investita della questione, la Cassazione ha rigettato il ricorso, ricordando come sulla questione attinente alla natura dell’assicurazione contro gli infortuni non mortali la giurisprudenza abbia ormai da tempo abbandonato l’opinione che essa rientri tra le assicurazioni sulla vita.

Nel tempo, la Corte di legittimità,  pur non abbandonando formalmente la tesi secondo cui l’assicurazione contro gli infortuni non mortali rientra nell’assicurazione sulla vita, ha tuttavia cominciato ad ammettere che non tutte le norme dettate per l’assicurazione sulla vita siano applicabili all’assicurazione contro gli infortuni (1).

Tutti i contrasti e le incertezze sono stati infine risolti dall’intervento delle Sezioni Unite, le quali hanno definitivamente stabilito che l’assicurazione contro il rischio di infortuni non mortali è un’assicurazione contro i danni, alla quale deve applicarsi il principio indennitario e l’intera disciplina dettata dal codice per l’assicurazione contro i danni (2).

Se dunque tale assicurazione  è soggetta alla disciplina delle assicurazioni contro i danni, in caso di infortunio l’assicurato non potrà cumulare l’indennizzo dovuto per effetto di essa, con il risarcimento dovuto dal terzo responsabile dell’infortunio.

A tale conclusione ostano sia le norme sul contratto di assicurazione, sia quelle sulla responsabilità civile e sul risarcimento del danno.

Diversamente, se fosse consentito all’assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, questi verrebbe ad avere in teoria un interesse positivo all’avverarsi del sinistro: il che trasformerebbe l’assicurazione in una scommessa, noto essendo che il rischio di cui all’art. 1895 c.c. dev’essere la possibilità di avveramento di un evento futuro, incerto, dannoso e non voluto.

In tal caso, inoltre, l’assicuratore perderebbe il diritto di surrogazione, accordatogli anche nell’assicurazione contro gli infortuni dall’art. 1916, comma 4, c.c.

Infatti, poiché la surrogazione costituisce una successione a titolo particolare dell’assicuratore nel diritto vantato dall’assicurato verso il terzo responsabile, prevedendo tale istituto anche per l’assicurazione contro gli infortuni il legislatore ammette che, per effetto del pagamento dell’indennizzo assicurativo, il diritto al risarcimento si trasferisca dall’assicurato-danneggiato all’assicuratore.

E se il diritto al risarcimento si trasferisce per effetto di surrogazione, l’assicurato non ne è più titolare e non può esigerne il pagamento dal terzo danneggiato, che altrimenti sarebbe costretto ad un duplice pagamento: sia nelle mani del danneggiato (a titolo di risarcimento), sia nelle mani dell’assicuratore di questi (a titolo di surrogazione), come già ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità (3).

Infine, se fosse consentito all’assicurato cumulare indennizzo e risarcimento, la percezione del risarcimento integrale, da parte del danneggiato-creditore, estinguerebbe l’obbligazione del danneggiante-debitore.

Se dunque l’assicuratore pagasse l’indennizzo, non potrebbe più agire in surrogazione, in quanto il danneggiante potrebbe validamente eccepirgli (attesa la perfetta identità tra il diritto del danneggiato al risarcimento ed il diritto acquistato dall’assicuratore per effetto del pagamento dell’indennizzo) di avere già estinto il proprio debito.

Pertanto, anche se il credito relativo al risarcimento del danno e quello relativo al pagamento dell’indennizzo sono strutturalmente diversi, quando il danneggiato, prima di percepire l’indennizzo assicurativo, ottiene il risarcimento integrale da parte del responsabile, il risultato della liberazione dell’assicuratore dagli obblighi derivanti dal contratto di assicurazione si produce per effetto della norma che prevede la responsabilità dell’assicurato che arrechi pregiudizio al diritto dell’assicuratore (4).

La Suprema Corte ha poi proseguito ricordando che il cumulo dell’indennizzo assicurativo con il risarcimento del danno, anche nell’assicurazione contro gli infortuni, è  impedito dalle norme che disciplinano il risarcimento del danno.

Se, infatti, fosse consentito tale cumulo, verrebbe violato il principio di integralità del risarcimento, in virtù del quale il danneggiato non può, dopo il risarcimento, trovarsi in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di restare vittima del fatto illecito (5).

A detta della Cassazione, parimenti, non appare risolutiva, al fine di consentire il cumulo di indennizzo e risarcimento, l’osservazione prospettata dalla dottrina minoritaria,  secondo cui, avendo l’assicurato pagato i premi, egli avrebbe comunque diritto all’indennizzo in aggiunta al risarcimento, altrimenti il pagamento dei premi sarebbe sine causa.

Il pagamento del premio infatti non è mai sine causa, perché al momento in cui viene compiuto vi è obiettiva incertezza circa il verificarsi del sinistro e la solvibilità del responsabile.

Il pagamento del premio è in sinallagma col trasferimento del rischio, non certo col pagamento dell’indennizzo, tanto è vero che se alla scadenza del contratto il rischio non si è verificato, il premio resta ugualmente dovuto.

Se davvero bastasse pagare il premio per cumulare indennizzo e risarcimento, e quindi trasformare il sinistro in una occasione di lucro, allora si dovrebbe conseguentemente ammettere che il contratto concluso non è più un’assicurazione, ma una scommessa, nella quale puntando una certa somma (il premio) lo scommettitore può ottenere una remunerazione complessiva assai superiore al danno subito.

A conferma di quanto fin qui osservato, la Suprema Corte ha  ribadito quanto affermato dalle SS.UU. allorché hanno radicalmente escluso la possibilità per l’assicurato di cumulare più indennizzi che, complessivamente, eccedano l’ammontare del danno patito. Conseguentemente,  se non possono cumularsi più indennizzi, a fortiori non può ritenersi possibile cumulare indennizzi e risarcimento.

Nemmeno la preventiva rinuncia dell’assicuratore all’esercizio del diritto di surroga ex art. 1916 c.c. può consentire all’assicurato di cumulare il risarcimento ottenuto dal terzo con l’indennizzo dovuto dall’assicuratore, per le seguenti ragioni:

Tornando alla vicenda in commento, la Cassazione ha affermato che  indennizzo dovuto dall’assicuratore e risarcimento dovuto dal responsabile assolvono ad una identica funzione risarcitoria, e non possono essere cumulati: non perché nel caso di specie non trovi applicazione l’istituto della compensatici lucri cum damno, ma semplicemente perché non c’è più danno risarcibile per la parte indennizzata dall’assicuratore.

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso sulla base del seguente principio di diritto: l’assicurazione contro gli infortuni non mortali costituisce un’assicurazione contro i danni ed è soggetta al principio indennitario, in virtù del quale l’indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito.

Ne consegue che il risarcimento del danno dovuto alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito dell’importo da questa percepito a titolo di indennizzo da parte del proprio assicuratore privato contro gli infortuni.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - Con riferimento alle conseguenze del mancato pagamento del premio, si è esclusa l’applicabilità all’assicurazione infortuni dell’art. 1924 c.c., ritenendo invece applicabile l’art. 1901 c.c. (Cass., Sentenza n.2735 del 13 novembre 1964;  Cass., Sentenza n.2551 del 19 ottobre 1967; Cass., Sentenza n.1526 del 27 maggio 1971; Cass., Sentenza n.1883 del 13 maggio1977, in Assicurazioni, ove per la prima volta si proclama una diversità “ontologica e di struttura” tra l’assicurazione sulla vita e quella contro gli infortuni;
-          Con riferimento alle conseguenze al mutamento di professione dell’assicurato, si è esclusa l’applicabilità all’assicurazione infortuni dell’art. 1926 c.c.:  Cass., Sentenza n.6205 del  27 novembre 1979;
-          Con riferimento alle conseguenze dell’omissione dell’obbligo di avviso di sinistro, si è ritenuta applicabile anche all’assicurazione contro gli infortuni la previsione di cui all’art. 1915 c.c.: Cass., Sentenza n.1078 del  4 marzo 1978;
-          Con riferimento alle conseguenze del ritardato pagamento dell’indennizzo, si è qualificata l’obbligazione dell’assicuratore contro gli infortuni come debito di valore e non di valuta (quale è invece il debito d’indennizzo nell’assicurazione vita), sul presupposto che anche l’assicurazione infortuni rientra nell’assicurazione contro i danni:  Cass., Sentenza n.3017 del  3 maggio  1986; Cass., Sentenza n.661 del 26 gennaio 1988;
(2)   - Cass., Sentenza n.5119 del 10 aprile 2002;
(3)   – Cass., Sentenza n.1881 del 14 giugno1972;
(4)   – Cass., Sentenza n.2595 del 25 ottobre1966;
(5)   – Cass., Sentenza n.293 del 29 gennaio 1973;

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