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martedì 10 giugno 2014

Il nuovo contratto a termine

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge n.78/2014, che ha convertito il D.L. n.34/2014, dallo scorso 20 maggio sono operative le modifiche apportate all’istituto del contratto a termine.

In sostanza, le novità  riguardano:

-         l’estensione del contratto privo di causale nell’ambito della durata massima di 36 mesi;
-         l’ampliamento della possibilità di ricorso alla proroga: consentite fino a 5 volte nell’arco dei 36 mesi complessivi;
-         la previsione di un contingentamento legale per la stipulazione di contratti a termine da parte di ciascun datore di lavoro, con irrogazione di una sanzione amministrativa in caso di violazione;
-         il riconoscimento che il congedo obbligatorio di maternità, intervenuto nell’esecuzione di un precedente contratto a termine, sia considerato utile ai fini del diritto di precedenza.

Le nuove disposizioni si applicano ai rapporti di lavoro a tempo determinato, costituiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto in commento.

I rapporti instaurati tra il 21 marzo 2014 e il giorno antecedente al 19 maggio 2014, data di  entrata in vigore della Legge di conversione, hanno piena validità e restano disciplinati dalle disposizioni contenute nel testo originario del D.L. n.34/2014.

La norma ha comunque ribadito  l’inefficacia dell’apposizione del termine se tale causa non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto.

Contratto c.d. “acausale”
Il D.L. n.34/2014 ha reso la fattispecie contrattuale a termine acausale, che la Legge n.921 del 28 giugno 2012 aveva introdotto quale eccezione, come regola base.

Dallo scorso 21 marzo, dunque,  è possibile stipulare un contratto a termine:

-         senza ragioni giustificatrici;
-         per lo svolgimento di qualsiasi tipo di mansione;
-         a condizione che la durata complessiva del contratto, comprensiva delle eventuali proroghe, abbia una durata non superiore a trentasei mesi;
-         anche nell’ambito della somministrazione.

E’necessario, tuttavia, sottolineare che, ancorché l’acausalità sia divenuta la regola generale, permangono alcune ipotesi in cui è opportuno indicare la causale.

Si tratta, in particolare,  delle assunzioni con contratto a termine per le quali sono previste agevolazioni, come, ad esempio, per  le assunzioni in sostituzione di maternità o  per quelle, in riferimento alle quali, sono previste deroghe alla nuova normativa.

Le proroghe
Il termine originariamente prefissato per la scadenza del contratto a tempo determinato, può essere prorogato solamente con il consenso del lavoratore e a patto che la durata iniziale del rapporto sia inferiore a tre anni.

Fermo restando il limite dei trentasei mesi, il datore di lavoro potrà fruire della proroga del contratto a termine per un massimo di cinque volte.

Al riguardo, si osservi che, venute meno le condizioni oggettive richieste dalla previgente normativa anche in caso di proroga, la legge di conversione condiziona la possibilità di proroga:

-         al consenso del lavoratore;
-         allo svolgimento delle stesse mansioni.

La norma chiarisce che, ai fini del computo del periodo massimo di 36 mesi per la durata del contratto a tempo determinato, vanno considerati anche i periodi di missione per mansioni equivalenti, relative alla somministrazione di lavoro a termine.

Una volta raggiunto tale limite, comunque, permane tra le parti  la possibilità  di ricorso alla somministrazione a tempo determinato.

Le 5 proroghe potranno essere poste in essere,  indipendentemente dal numero dei rinnovi. Il numero massimo delle proroghe, quindi, è da intendersi quale tetto complessivo da applicarsi a tutti i contratti stipulati, a parità di mansioni, nell’arco dei 36 mesi.

Con specifico riferimento alla successione di due distinti contratti a termine tra le stesse parti, resta fermo il rispetto degli intervalli temporali richiesti tra la cessazione del primo e l’instaurazione del secondo rapporto, pari a:

-         10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi;
-         20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi.

Al venir meno dell’obbligo d’indicare le ragioni giustificative delle proroghe, sono venute meno anche la disposizioni della contrattazione collettiva che  prevedevano dei limiti quantitativi.

Numero di contratti a termine in azienda
La norma in commento ha introdotto una limitazione quantitativa, derogabile dai Contratti Collettivi Nazionali, dei rapporti di lavoro a tempo determinato.

Ciascun datore di lavoro, infatti, non potrà stipulare contratti a termine in eccedenza rispetto al  limite del 20%  del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.

La base di calcolo per il limite quantitativo è la seguente:

-         non  più riferita in via generica all’organico complessivo dell’azienda;
-         esclude i lavoratori assunti a tempo determinato.

In attesa di prossimi chiarimenti, si ritiene che, contrariamente a quanto avviene per i lavoratori occupati con contratto part-time, gli apprendisti sono esclusi dalla suddetta computabilità dei dipendenti a tempo indeterminato.

Anche i contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, inoltre, sembrano esclusi dal contingentamento legale.

Tuttavia, è certa l’ esenzione dalle limitazioni quantitative per i contratti a tempo determinato conclusi:

1)       nel rispetto dei diversi limiti stabiliti dai Contratti Collettivi Nazionali, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi;
2)        nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi che saranno definiti dai Contratti Collettivi Nazionali, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
3)       per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, comprese le attività già previste nell'elenco allegato al Decreto del Presidente della Repubblica n.1525 del  7 ottobre 1963 e successive modificazioni;
4)       per l'intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodo dell'anno;
5)       per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi.

Risultano poi esentati dal rispetto del limite del 20% per la stipula di contratti a tempo determinato  gli Enti di ricerca , pubblici e privati, per  i ricercatori e il personale tecnico.

I contratti a termine concernenti in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, inoltre, potranno avere una  durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.

Sono, altresì, esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato stipulati:

-         a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage, allo scopo di facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
-         con lavoratori di età superiore ai cinquantacinque anni;
-         quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale;
-          di durata non superiore ai sette mesi, compresa l’eventuale proroga, ovvero non superiore alla maggiore durata definita dalla contrattazione collettiva con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche.

Per usufruire della possibilità di proroga, si consiglia, con riferimento ai soli contratti a tempo determinato stipulati in applicazione delle deroghe sopra elencate, di indicare le ragioni che consentono l’apposizione del termine al rapporto.

Il suddetto limite del 20%, tuttavia,  non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro  che occupano fino a 5 dipendenti.

Sempre con riferimento alla soglia del 20%, la norma in commento sancisce la piena efficacia dei diversi limiti percentuali, eventualmente previsti dai  vigenti Contratti Collettivi Nazionali.

In sostanza, qualora il  Contratto Collettivo Nazionale applicato in azienda avesse già stabilito limiti quantitativi, maggiori o minori del 20%, relativi alla possibilità di instaurazione di contratti a tempo determinato,andranno osservati questi ultimi, in quanto il limite legale per il ricorso ai contratti a tempo determinato è da considerarsi alternativo rispetto a quello convenuto nella contrattazione collettiva.

Il datore di lavoro, che all’entrata in vigore del Decreto, abbia in atto rapporti di lavoro a termine che comportino il superamento del limite del 20%,  dovrà  mettersi in regola entro il 31 dicembre 2014, salvo l’ipotesi in cui il   Contratto Collettivo applicabile preveda una soglia percentuale o un termine più favorevole.

Diversamente, dal 2015 l’azienda inadempiente non potrà  stipulare nuovi contratti a tempo determinato, se non dopo essere rientrata all’interno della soglia legale.

Le sanzioni per chi supera il limite numerico
In caso di violazione del limite del 20%, all’azienda verrà erogata, per ciascun lavoratore, una sanzione amministrativa pari al:

-         20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto lavorativo, nel caso in cui la violazione del rispetto della suddetta soglia riguardi un solo dipendente;
-         50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto lavorativo, qualora il numero dei lavoratori assunti in violazione del suddetto limite sia superiore a uno.

I rapporti di lavoro instaurati prima del 21 marzo 2014,   data di entrata in vigore del D.L. n.34/2014,  che comportino il superamento del limite del 20%,  non saranno colpiti dalla sanzione.

Diritto di precedenza
Il Decreto Legge n.34/2014 ha rafforzato il diritto di precedenza riconosciuto ai lavoratori a tempo determinato in caso  di nuove  assunzioni.

Tale diritto deve essere espressamente richiamato dal datore di lavoro nell’atto scritto con il quale è stato apposto il termine al contratto a termine.

Si ricordi, inoltre, che il suddetto diritto di precedenza   è differenziato a seconda che si tratti o meno di attività stagionale, pertanto:

-         ferme restando le diverse previsioni dei Contratti Collettivi, il lavoratore che, attraverso uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, ha la precedenza  nelle assunzioni a tempo indeterminato, effettuate dal datore entro i successivi 12 mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine;
-         il lavoratore occupato a tempo determinato per attività stagionali ha la precedenza rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore, per le medesime attività stagionali.

Per esercitare il proprio diritto di precedenza, il lavoratore deve manifestarne la volontà al datore di lavoro entro, rispettivamente, sei  o tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Il diritto di precedenza è stato esteso, inoltre, alle lavoratrici in congedo di maternità.
In particolare, il congedo di maternità, intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, rientra nel computo del periodo complessivo di prestazione lavorativa utile al diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo indeterminato. In tal caso, il diritto di precedenza può essere esercitato, sia per le assunzioni con contratti a tempo indeterminato, sia per quelle a tempo determinato, entro i successivi 12 mesi, riguardo le mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti contratti a termine.

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