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martedì 24 giugno 2014

Criteri per l'avanzamento di carriera del dipendente

Nella sentenza n.13863 del 18 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha chiarito che, nel caso in cui il Contratto Collettivo Nazionale applicato in azienda subordini l’avanzamento di carriera del  dipendente alla discrezionale valutazione del datore di lavoro  sul possesso di determinati requisiti,  il giudice non può sostituirsi alla scelta dell’imprenditore.

Il caso di specie è quello che ha visto un lavoratore  avanzare la domanda per il risarcimento del danno  causatogli dell'insorgenza di una patologia, presumibilmente legata allo stress da superlavoro.

Tra le questioni affrontate nella pronuncia in commento, risulta di particolare interesse quella attinente alla contestazione del dipendente relativa al suo  mancato avanzamento di carriera.

A tale proposito, la  Suprema Corte ha osservato che il diritto soggettivo del lavoratore alla promozione  presuppone una disciplina collettiva che garantisca l'avanzamento di carriera in virtù  di determinate condizioni di fatto, delle quali sia accertata l'esistenza, prescindendo da ogni indagine valutativa del datore di lavoro.

Qualora, però,  la disciplina collettiva di riferimento rimetta la promozione al giudizio del datore di lavoro sulle attitudini e sulle  capacità professionali del dipendente, il giudice non può sostituirsi all’imprenditore nella predetta valutazione.

Il sindacato del giudice del merito, pertanto, risulta legittimo solamente nel caso in cui  il mancato avanzamento di carriera sia stato causata da una deliberata violazione delle regole di buona fede e correttezza inerenti allo svolgimento del rapporto di lavoro. Si tratta di una prova, il cui onere, posto a carico del danneggiato, non è stato soddisfatto nel caso in questione.

Valerio Pollastrini

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