Per
la Suprema Corte il reato di specie risulta configurato anche nel caso in cui tale
condotta sia occasionale e non arrechi un danno di particolare entità alla Pubblica Amministrazione.
La
vicenda in commento è quella del bidello
di una scuola che, durante lo svolgimento del suo servizio, aveva effettuato
una sessantina di accessi ad internet su siti hot a pagamento.
La
questione è giunta all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte di Appello aveva condannato il lavoratore a due
anni di reclusione e all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, ritenendolo
responsabile di peculato d’uso (1).
Si
tratta del reato che si configura nell’appropriazione, da parte di un pubblico
ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, della cosa mobile o del
denaro che ha in disponibilità, al solo scopo di farne temporaneo utilizzo per poi restituirlo immediatamente.
In
particolare, il giudice del merito aveva
condannato bidello poiché si era appropriato dell’energia necessaria per
accedere dal Pc della scuola ai siti
pornografici a pagamento, per una spesa complessiva di 660,00 €.
Proponendo
ricorso in Cassazione, il lavoratore aveva sostenuto che
un comportamento occasionale, produttivo di un danno insignificante sul
piano patrimoniale non costituirebbe peculato, in quanto l’utilizzo della rete internet per
fini non istituzionali non sarebbe riconducibile al concetto di appropriazione
di cosa mobile o di energia elettrica.
Nel
confermare quanto disposto nella pronuncia di Appello, la Suprema Corte ha
ribadito che la condotta dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi
il telefono d’ufficio per fini personali, al di fuori dei casi d’urgenza o di
specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso se
produce un danno apprezzabile al patrimonio della Pubblica Amministrazione o di
terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio.
A
tal fine, gli ermellini hanno aggiunto inoltre
che le modeste conseguenze economiche
scaturite da una simile condotta risultano penalmente irrilevanti.
La
Cassazione ha proseguito confermando la qualifica di incaricato di pubblico servizio
rivestita dal bidello, in quanto, oltre alle ordinarie prestazioni di carattere meramente materiale, lo stesso svolge anche mansioni di vigilanza,
sorveglianza degli alunni, guardiania e custodia dei locali, che implicano la conoscenza e l’applicazione delle
relative normative scolastiche.
Si
tratta di funzioni che presentano
aspetti collaborativi, complementari ed integrativi delle funzioni pubbliche
devolute ai capi di istituto e agli insegnanti in materia di sicurezza, ordine
e disciplina all’interno dell’area scolastica e, quindi, idonei a qualificare
il lavoratore addetto come soggetto incaricato di pubblico servizio.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
fattispecie di reato prevista dal comma 2 dell’art.314 c.p.;
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