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venerdì 6 giugno 2014

Condannato per peculato il dipendente pubblico sorpreso in ufficio a navigare su siti porno

Nella sentenza n.23352 del 4 giugno 2014, la Cassazione ha stabilito che il dipendente pubblico sorpreso durante l’orario di lavoro  a navigare su siti porno a pagamento dal Pc dell’ufficio commette il reato di peculato d’uso.

Per la Suprema Corte il  reato di specie  risulta configurato anche nel caso in cui tale condotta sia  occasionale e  non arrechi un danno di particolare entità  alla Pubblica Amministrazione.

La vicenda in commento è quella del  bidello di una scuola che, durante lo svolgimento del suo servizio, aveva effettuato una sessantina di accessi ad internet su siti hot a pagamento.

La questione è giunta all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte di  Appello aveva condannato il lavoratore a due anni di reclusione e all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, ritenendolo responsabile  di peculato d’uso (1).

Si tratta del reato che si configura nell’appropriazione, da parte di un pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, della cosa mobile o del denaro che ha in disponibilità, al solo scopo di farne temporaneo utilizzo  per poi restituirlo immediatamente.

In particolare, il giudice del merito  aveva condannato bidello poiché si era appropriato dell’energia necessaria per accedere dal Pc della scuola  ai siti pornografici a pagamento, per una spesa complessiva di 660,00 €.

Proponendo ricorso in Cassazione, il lavoratore aveva  sostenuto che  un comportamento occasionale, produttivo di un danno insignificante sul piano patrimoniale non costituirebbe peculato,  in quanto l’utilizzo della rete internet per fini non istituzionali non sarebbe riconducibile al concetto di appropriazione di cosa mobile o di energia elettrica.

Nel confermare quanto disposto nella pronuncia di Appello, la Suprema Corte ha ribadito che la condotta dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali, al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della Pubblica Amministrazione o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio.

A tal fine, gli ermellini hanno  aggiunto inoltre che le modeste  conseguenze economiche scaturite da una simile condotta risultano penalmente irrilevanti.

La Cassazione ha proseguito confermando la  qualifica di incaricato di pubblico servizio rivestita dal bidello, in quanto, oltre alle ordinarie  prestazioni di carattere meramente materiale,  lo stesso svolge anche mansioni di vigilanza, sorveglianza degli alunni, guardiania e custodia dei locali, che  implicano la conoscenza e l’applicazione delle relative normative scolastiche.

Si tratta di funzioni che  presentano aspetti collaborativi, complementari ed integrativi delle funzioni pubbliche devolute ai capi di istituto e agli insegnanti in materia di sicurezza, ordine e disciplina all’interno dell’area scolastica e, quindi, idonei a qualificare il lavoratore addetto come soggetto incaricato di pubblico servizio.

Valerio Pollastrini
 

(1)   – fattispecie di reato prevista dal comma 2 dell’art.314 c.p.;

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