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giovedì 29 maggio 2014

Sicurezza – La formazione deve essere impartita anche al dipendente esperto

Nella sentenza  n.21242 del 26 maggio 2014, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’esperienza del dipendente sui macchinari utilizzati  non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di impartire la formazione specifica, né può essere sufficiente ad assolverlo da responsabilità in caso di infortunio.

Nella vicenda in commento, la Corte di Appello, confermando la pronuncia emessa dal Tribunale, aveva condannato  un datore di lavoro per il reato di lesioni colpose gravi, relative al danno causato ad un dipendente che, infortunatosi  mentre operava su un apparecchio aziendale, aveva riportato diverse ferite con amputazioni.

Dall’istruttoria, quale elemento decisivo per la sua colpevolezza, era emerso che l’imputato non aveva adeguatamente formato il dipendente sull'utilizzo dell’attrezzatura di lavoro, sulla funzione del dispositivo di protezione, nonché  sui pericoli connessi all'impiego del macchinario.

Per la Corte del merito, in caso di infortunio,  qualora risulti provato che in azienda non sia stata svolta alcuna azione per sensibilizzare la  problematica della sicurezza, oltre all’assenza di specifiche direttive sull’argomento,  la consapevolezza del lavoratore   della necessità di utilizzare i dispositivi di protezione non  esclude la responsabilità dell’imprenditore.

Contro la decisione del merito, il datore di lavoro aveva ricorso  in Cassazione, sostenendo che la Corte di Appello non avesse chiarito le ragioni che l’avevano indotta a ritenere  provata la mancata sensibilizzazione del dipendente sul tema della sicurezza e che a questi non fosse stata imposta alcuna direttiva nel merito.

Il ricorrente aveva precisato come lo stesso lavoratore avesse  dichiarato di aver utilizzato per molti anni il macchinario e di aver ricevuto  tutti gli strumenti antinfortunistici.

L’imprenditore, in sostanza, aveva lamentato l’ascritta attribuzione della responsabilità penale, senza che, da parte sua,  vi sarebbe stata  una condotta colpevole.

Investita della questione, la Suprema Corte ha sottolineato come il giudicante del merito  avesse preso atto che, dalla testimonianza resa dalla ispettrice Asl, in seguito alle indagini esperite in azienda, risultasse accertato che in azienda non fosse stata svolta alcuna attività formativa  in favore del dipendente, al quale non erano state impartite istruzioni sulle caratteristiche del macchinario e sul funzionamento dei dispositivi di protezione, nonostante l’infortunato avesse affermato di essere consapevole che la rimozione degli  accessori di protezione fosse pericolosa e di aver già utilizzato macchine simili, anche se meno veloci.

Dopo l’analisi dei fatti, la Corte di Appello aveva stimato il valore attribuibile alla conoscenza generica del lavoratore sulle modalità di utilizzo dell'apparecchio e sui connessi rischi, rilevando come tale cognizione non possa surrogare l'attività di formazione che il datore di lavoro è tenuto a somministrare.

Si tratta di un’affermazione che risulta pienamente coerente con la normativa di riferimento.

Investita della questione, la Suprema Corte ha  richiamato  la giurisprudenza di legittimità, in base alla quale il datore di lavoro ha l'obbligo di assicurare ai dipendenti una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento alle postazioni  di lavoro ed alle  mansioni di appartenenza.

La funzione del suddetto adempimento è quella  di render edotti i lavoratori sui rischi connessi alle proprie prestazioni, senza che  tale obbligo possa essere escluso dalla circostanza della destinazione occasionale  a mansioni diverse da quelle abituali.

A ciò si aggiunga che, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, il D.Lgs. n.626/94 (1) poneva  l’informazione, la formazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, ovvero dei loro rappresentanti,  tra le misure generali di tutela (2), distinguendole, peraltro, dalla diversa ed ulteriore misura generale costituita dalle istruzioni adeguate ai dipendenti (3).

La norma citata, inoltre, elencava e definiva i contenuti degli obblighi di informazione e di formazione, intesi come attività ed obiettivi distinti (4).

Dopo aver riepilogato il quadro legislativo di riferimento, la Cassazione ha chiarito che, in tema di tutela della salute e della sicurezza, l'apprendimento del dipendente, derivante dalle esperienze personali e dalle prassi di lavoro, non vale a surrogare le attività di informazione e di formazione che, necessariamente, devono essere formalizzate in ambito aziendale.

Conseguentemente,  la prova dell'assolvimento degli obblighi di informazione e di formazione del lavoratore non può ritenersi fornita attraverso la dichiarazione con la quale il dipendente infortunato rilevi una personale pluriennale esperienza sull'uso dell'attrezzatura di cui trattasi.

Da ciò discende  la correttezza della decisione  impugnata ed il  rigetto del ricorso disposto dalla Cassazione.

Valerio Pollastrini

 
(1)   – Applicabile ratione temporis al caso di specie;
(2)   - Art. 3, c.. 1, lett. s), del D.Lgs. n.626/1994;
(3)   - Art. 3, c. 1, lett. t), del D.Lgs. n.626/1994;
(4)   - Artt. 21 e 22 del D.Lgs. n.626/1994;

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