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sabato 31 maggio 2014

Le regole generali per i riposi si applicano anche al personale di vigilanza

Nella sentenza n.11581 del 23 maggio 2014, la Corte di Cassazione ha affermato che la disciplina che sancisce, in generale, il diritto dei dipendenti ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, coincidente generalmente con la domenica, aggiuntivo delle  previste 11 ore di riposo giornaliero, deve essere applicata anche ai lavori discontinui, nonché a quelli di vigilanza.

Nel caso di specie, la Corte di Appello, riformando la pronuncia del Tribunale, aveva accolto la domanda con la quale un lavoratore aveva chiesto il risarcimento del danno per il mancato godimento dei riposi settimanali e giornalieri.

La Corte del merito aveva quindi condannato l’azienda al complessivo pagamento, in favore del ricorrente, di 1.563,88 €, dei quali, 1.362,53 € per mancati riposi giornalieri e  201,35 € per mancati riposi settimanali, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, dalle singole scadenze al saldo.

In particolare,  in merito alla determinazione della durata dei riposi giornaliero e settimanale nell’ambito del lavoro discontinuo, quale quello di vigilanza svolto dal dipendente in questione, il giudicante non aveva condiviso l'interpretazione avanzata dalla società sulla derogabilità della normativa generale nelle ipotesi di cambio di squadra. Tale circostanza, infatti, non poteva ritenersi riferita al cambio di turno dell'intera squadra di appartenenza del lavoratore, circostanza verificatasi nella specie.

La Corte, dunque, ha ribadito la validità della disciplina generale che prevede un riposo di undici ore per ogni giorno di lavoro, un riposo settimanale di ventiquattro ore consecutive alla fine del riposo settimanale e un riposo di trentacinque ore complessive, spettante ad ogni cambio di turno, alla fine del turno settimanale, dal passaggio dal terzo al primo turno o dal terzo al secondo.

La soppressione del riposo settimanale, impedendo al lavoratore  di recuperare le proprie energie psico-fisiche e dedicare del tempo ad attività culturali o ricreative, si era pertanto tradotta in un danno, liquidato nella  misura pari al 50% della complessiva retribuzione giornaliera nell'ipotesi di soppressione di undici ore e del 15% nell'ipotesi di soppressione di tre ore.

La Corte del merito aveva escluso ogni valenza alla deduzione dell’azienda relativa alla fruizione, da parte del  lavoratore, di successivi maggiori riposi.

Contro la sentenza del merito, il datore di lavoro aveva proposto ricorso per Cassazione.

Investita della questione, la Suprema Corte ha premesso che, come correttamente osservato dal Giudice del secondo grado,   nel disciplinare il riposo giornaliero e quello settimanale, gli artt. 7 e 9 del D.Lgs. n.66/2003,  che contemplano un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola coincidente con la domenica, da cumulare con le previste undici ore di riposo giornaliero, si riferiscono anche ai lavori discontinui, quali quello di vigilanza.

La Cassazione ha proseguito, ricordando che eventuali  deroghe all'anzidetta disciplina possono essere introdotte solamente  dalla contrattazione collettiva o attraverso specifici accordi nazionali.

In mancanza di siffatta previsione derogatoria devono pertanto valere i principi sopra enunciati.

Per escludere il diritto riconosciuto nella sentenza appella non rileva il richiamo alla fruizione successiva di riposi maggiori, essendo il termine di riferimento quello del giorno e della settimana.

La Suprema Corte ha poi escluso che la fattispecie in commento rientrasse in quella contemplata nel comma 2, lett. a), dell'art.9 del D.Lgs. n.66/2003, che annovera tra le  eccezioni al principio  sancito nel comma 1, le attività di lavoro a turni con riferimento ai casi in cui il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire,  tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale.

Sul punto, interpretando correttamente la norma, la Corte di Appello aveva  ritenuto che  il caso oggetto di giudizio fosse diverso da quello realizzatosi nella fattispecie di cambio di squadra, trattandosi invece di cambio del turno da parte della intera squadra che, come tale, presuppone una programmazione ispirata al rispetto delle regole generali sull'orario di lavoro.

Inoltre, dal momento che  il cambio di turno avveniva ogni sette giorni,  la società era tenuta al rispetto della normativa disciplinante il diritto al periodo di riposo.

Per le richiamate ragione la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso .

Valerio Pollastrini

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