Il
caso di specie è quello che ha visto un’azienda richiedere alcune provvigioni
ad una società agente, relative ad un determinato periodo di svolgimento del
contratto intercorso tra le parti.
Dopo
che il Tribunale ne aveva accolto la domanda, la Corte di Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo
grado, riconoscendo solo un importo
minimo del credito dedotto dal committente.
Investita
della questione, la Cassazione ha confermato quanto disposto nella pronuncia
della Corte del merito.
La
sentenza in commento, si segnala per aver chiarito le modalità di attuazione
della revoca del diritto di esclusiva originariamente concordato,
sottolineandone una possibile configurabilità anche in forma tacita.
La
Suprema Corte ha ricordato che il diritto di esclusiva non costituisce un
elemento essenziale del contratto di agenzia
e, pertanto, può essere validamente derogato dalle parti.
Tale
possibilità può essere desunta anche in
via indiretta, purché in modo chiaro ed univoco, dall’analisi della
regolamentazione del rapporto predisposta dalle parti.
In
particolare, nel caso in cui sia stato stabilito che il committente possa
nominare più agenti nella stessa zona, l'esclusione della provvigione per le vendite concluse dallo stesso
preponente potrà essere desunta, nonostante
sia stato precedentemente convenuto
un regime di esclusiva limitato agli affari trattati dagli agenti con determinati
clienti, nominativamente indicati.
In
sostanza, il diritto di esclusiva può essere derogato, sia in forza di clausola espressa, che attraverso una tacita manifestazione di volontà, desumibile
dal comportamento dalle parti al momento della conclusione del contratto o
durante la sua esecuzione.
Conseguentemente,
la deroga all'esclusiva in favore dell'agente comporta il mancato diritto di
quest’ultimo alla provvigione per gli
affari conclusi nella zona direttamente dal preponente.
Valerio
Pollastrini
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