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lunedì 5 maggio 2014

Mancata restituzione della documentazione contabile – Reato di appropriazione indebita

Nella sentenza n.18027 del 30 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha affermato che la mancata restituzione al cliente della documentazione richiesta può comportare la reclusione del professionista incaricato all’assistenza.

Nel caso in commento, la sezione penale della Corte di Appello aveva confermato la sentenza con la quale  il Tribunale aveva giudicato colpevole di appropriazione indebita aggravata  un commercialista che si era rifiutato di restituire ad una società  i libri e le scritture contabili.

Il professionista  era stato condannato alla pena di tre mesi di reclusione e 500,00 € di multa, oltre al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese in favore della parte civile.

L'imputato aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che per la sussistenza del reato sarebbe stato necessario che la condotta addebitatagli fosse connaturata dalla finalità dell' ingiusto profitto.

A suo dire, la mancata restituzione dei libri e delle scritture contabili non avrebbe avuto alcuna finalità lucrativa.

Rigettando il ricorso, la Suprema Corte  ha ribadito che il rifiuto del professionista di restituire al cliente la documentazione ricevuta integra il reato di appropriazione indebita. 

Si tratta, infatti, di un comportamento che  travalica i limiti del titolo del possesso e, in generale,  il delitto di appropriazione indebita  risulta configurato dal momento in cui il possessore compie un atto di dominio sulla "res" altrui,  manifestandone  l'intenzione di tenerla come propria.

Per quanto riguarda il caso di specie, la Corte territoriale aveva ritenuto consumato il reato quando il commercialista, a seguito della prima richiesta di restituzione della documentazione contabile, aveva opposto alla società un netto rifiuto.

La sentenza di primo grado aveva inoltre accertato che, nonostante il professionista avesse ricevuto l’intero importo del compenso mensile pattuito con il cliente, oltre a trattenere la documentazione, era venuto meno ai propri obblighi, non presentando la dichiarazione dei redditi per conto della società.

Proprio tenendo celate le omesse prestazioni, il commercialista aveva posto il essere la finalità dell’ingiusto profitto, procurando un danno alla persona offesa che, per tale ragione,  era stata oggetto di  verifica tributaria, conclusasi con l’attribuzione di sanzioni economiche a carico della società.
                                                                                                         
Per le citate ragioni, la Suprema Corte ha concluso con la conferma di quanto disposto nella sentenza del merito.

Valerio Pollastrini

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