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lunedì 5 maggio 2014

Il reato dell’omesso versamento di ritenute previdenziali

Nella sentenza n.18000 del 30 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha ribadito che la mera disattenzione non assolve il datore di lavoro dal reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, specialmente nel caso in cui abbia precedentemente ricevuto l’avviso di pagamento e la diffida al versamento.

Nel caso in commento il Gip aveva disatteso la richiesta di condanna formulata dal Pubblico Ministero, dichiarando il non luogo a procedere nei confronti dell’imputata in merito al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali (1), in quanto il fatto non costituisce reato.

L'esiguità dell'importo delle somme non versate e la loro riconducibilità ad un breve periodo contributivo  avevano indotto il giudicante  a ritenere che l'omissione fosse stata causata da una mera disattenzione. Per tale ragione era stato escluso che l’imputata avesse posto in essere  una condotta consapevolmente orientata a lucrare l’importo non versato all’Inps.

Investita della questione, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal  Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello.

La Suprema Corte ha richiamato il principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia avanzato istanza di decreto penale di condanna, solo nel caso in cui risulti evidente la prova della sua innocenza.

Nella  sentenza impugnata era stato accertato l'omesso versamento di ritenute previdenziali. Ciò nonostante il Giudice del merito aveva assolto l’imputata attraverso una valutazione  sulla sussistenza dell’elemento psicologico basata sull'entità della somma e sulla probabilità di un disguido.

Per la Cassazione, il Giudice del merito avrebbe dovuto limitarsi ad una mera attività di constatazione, mentre, invece, si era spinto fino ad un  approfondito apprezzamento, non consentito  ai fini della pronuncia ex art.129 cod. proc. pen., delle circostanze sopra riportate.

Per tale ragione la Suprema Corte ha annullato l’impugnata sentenza.

Valerio Pollastrini

 
(1)   – fattispecie di reato sancita dall’art.2, comma 1-bis, del D.L. n.463/1983, convertito dalla Legge n.638/1983;

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