Nel
caso in commento il Gip aveva disatteso la richiesta di condanna formulata dal
Pubblico Ministero, dichiarando il non luogo a procedere nei confronti dell’imputata
in merito al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali (1), in quanto il
fatto non costituisce reato.
L'esiguità
dell'importo delle somme non versate e la loro riconducibilità ad un breve
periodo contributivo avevano indotto il
giudicante a ritenere che l'omissione
fosse stata causata da una mera disattenzione. Per tale ragione era stato
escluso che l’imputata avesse posto in essere
una condotta consapevolmente orientata a lucrare l’importo non versato
all’Inps.
Investita
della questione, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal Procuratore generale della Repubblica presso
la Corte di Appello.
La
Suprema Corte ha richiamato il principio costantemente ribadito dalla
giurisprudenza di legittimità, in base al quale il giudice per le indagini
preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero
abbia avanzato istanza di decreto penale di condanna, solo nel caso in cui risulti
evidente la prova della sua innocenza.
Nella
sentenza impugnata era stato accertato l'omesso
versamento di ritenute previdenziali. Ciò nonostante il Giudice del merito
aveva assolto l’imputata attraverso una valutazione sulla sussistenza dell’elemento psicologico
basata sull'entità della somma e sulla probabilità di un disguido.
Per
la Cassazione, il Giudice del merito avrebbe dovuto limitarsi ad una mera
attività di constatazione, mentre, invece, si era spinto fino ad un approfondito apprezzamento, non consentito ai fini della pronuncia ex art.129 cod. proc.
pen., delle circostanze sopra riportate.
Per
tale ragione la Suprema Corte ha annullato l’impugnata sentenza.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
fattispecie di reato sancita dall’art.2, comma 1-bis, del D.L. n.463/1983, convertito
dalla Legge n.638/1983;
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