Il
caso giunto al vaglio della Suprema Corte è quello del licenziamento per
giustificato motivo soggettivo irrogato da una ditta di trasporti ad un
lavoratore che, nel condurre un autoarticolato di proprietà del datore di
lavoro, aveva causato un sinistro stradale
con conseguenti danni al carico
trasportato.
Nel
giudizio di Appello, la Corte del merito aveva ritenuto legittimo il recesso sulla
base delle risultanze dell’istruttoria, che avevano dimostrato la colpa
dell’autista nella determinazione dell’incidente. Il lavoratore aveva infatti
perduto il controllo del mezzo a causa dell’alta velocità, del tutto inadeguata
allo stato dei luoghi percorsi.
Per
la Corte territoriale, siffatto comportamento aveva rivelato una violazione dei
doveri di cautela e di attenzione pregiudizievoli del rapporto fiduciario,
legittimante l’irrogazione del recesso.
Contro
questa sentenza, l’autista aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo
l’inattendibilità della pronuncia impugnata in merito alla colpa del
lavoratore, deducendo che dall’istruttoria non fosse emersa alcuna prova che l’incidente fosse da ascriversi
allo stesso.
A
detta del ricorrente, l’evento sarebbe stato attinente ad un fatto esterno al
rapporto di lavoro e comunque non avrebbe costituito un inadempimento degli obblighi contrattuali così
grave da imporre un licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Per
quanto concerne la statuizione relativa alla responsabilità del lavoratore nell’accadimento
dell’evento, la Corte di Cassazione ha premesso come quello richiesto dal
ricorrente fosse un accertamento di fatto sottratto al sindacato di legittimità,
in quanto sorretto da congrua e non
illogica motivazione, fornita dalla Corte di Appello attraverso un coerente
apprezzamento delle emergenze istruttorie.
Nel
nostro ordinamento processuale la deduzione di un vizio di motivazione della
sentenza impugnata con ricorso per Cassazione non conferisce al Giudice di
legittimità il potere di riesaminare il
merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola
facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito di valutare le prove, di
controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (1).
Nel
caso di specie, la Corte di Appello aveva fondato la propria decisione in base
alle risultanze emergenti dal prontuario della Polstrada e dal cronotachimetro,
che riportava una velocità pari ad 80
Km/orari, a fronte di un limite di velocità di 40 Km/orari.
La
Cassazione ha poi rimarcato come il
fatto posto a base del licenziamento non fosse estraneo al rapporto di lavoro, come
sostenuto invece dal ricorrente. Il sinistro si era infatti verificato nel
pieno svolgimento delle mansioni di autista espletate dal lavoratore, la cui negligenza,
nel causare l’incidente, poteva legittimamente essere punita dall’azienda con
il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
La
Suprema Corte ha quindi concluso con il
rigetto del ricorso e la conseguente
condanna del lavoratore al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate
in 3.000,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre accessori
di legge.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass., Sentenza n.3267 del 12 febbraio 2008; Cass., Sentenza n.2049 del 27
luglio 2008;
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