La
vicenda in commento è giunta all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte
di Appello aveva confermato la sentenza con la quale il Tribunale aveva rigettato l’opposizione avanzata da una
società per azioni contro una cartella esattoriale relativa al pagamento richiesto
dall’INPS di contributi e sanzioni.
In
particolare, la Corte del merito aveva ritenuto la cartella validamente emessa
dall’INPS, sulla base dell’ iscrizione a ruolo dei contributi, avvenuta in
seguito al verbale ispettivo che aveva accertato l’interposizione di manodopera
per i rapporti di lavoro riconducibili alla società, formalmente istaurati con alcune
cooperative.
Il
giudicante aveva maturato il proprio convincimento dall’analisi del verbale
ispettivo, dalle dichiarazioni rese agli ispettori da otto dipendenti e sulle
risultanze di tre sentenze del Tribunale che, precedentemente, avevano
accertato la fattispecie interpositoria vietata dalla legge nei confronti di
tre lavoratori.
Contro
la pronuncia di Appello, la società aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la
sentenza impugnata avesse fondato la decisione sulle risultanze dei verbali
ispettivi e sulle dichiarazioni rese agli ispettori, nonostante queste non
costituiscano efficacia probatoria privilegiata e richiedano, pertanto, una
necessaria conferma in sede testimoniale.
Il
ricorrente aveva inoltre contestato alla Corte territoriale di aver ritenuto assolto
l’onere probatorio gravante sull’INPS, in base alle risultanze dei verbali
ispettivi, alle dichiarazioni rese agli ispettori da alcuni lavoratori e alle
tre sentenze rese in giudizi promossi contro la società da alcuni di quei
dipendenti, ritenendo erroneamente tali
pronunce passate in giudicato, senza indicare gli atti di direzione del lavoro posti in essere dalla
società sui lavoratori in questione, che esulassero dal legittimo potere di
controllo del committente.
Questa
seconda doglianza è stata ritenuta fondata dalla Suprema Corte che, con
riguardo all’efficacia probatoria dei verbali ispettivi, ha ricordato come
l’esclusione di un’efficacia diretta fino a querela di falso del contenuto
intrinseco delle dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori non implica
che le stesse, in difetto di una loro
conferma in giudizio, siano prive di qualsivoglia efficacia probatoria.
Gli
ermellini hanno quindi affermato che, nel caso in cui le dichiarazioni dei
dipendenti siano univoche, il Giudice può legittimamente ritenere superflua
l’escussione dei lavoratori attraverso la prova testimoniale, specie se il
datore di lavoro non alleghi o dimostri eventuali contraddizioni in grado di
inficiarne l’attendibilità.
Sul
punto, la Corte del merito, si era correttamente conformata al principio, costantemente
ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale i verbali
redatti dai funzionari degli Enti Previdenziali o dell’Ispettorato del lavoro
costituiscono piena prova dei fatti che gli ispettori attestino avvenuti in
loro presenza.
Per
le altre circostanze che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il
Giudice può invece valutare e apprezzare liberamente il materiale probatorio,
considerandolo prova sufficiente delle circostanze riferite al Pubblico Ufficiale,
qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi
renda superfluo l'espletamento di ulteriori mezzi istruttori.
In
riferimento al motivo di ricorso ritenuto fondato, la Cassazione ha rilevato
che la Corte territoriale aveva confermato l’interposizione fittizia di
manodopera sulla base di tre precedenti sentenze di primo grado, erroneamente considerate
come passate in giudicato, ritenendo che le stesse avevano reso inutile
l’accertamento istruttorio testimoniale in primo grado richiesto dall’azienda.
Per
la Suprema Corte, inoltre, la sentenza del merito aveva attribuito rilevanza alle dichiarazioni, rese agli
ispettori solo da alcuni dei lavoratori ritenuti oggetto di interposizione,
senza dare conto in alcun modo degli elementi di fatto contenuti in tali
dichiarazioni.
A
proposito degli elementi valutati ai fini della ricorrenza della fattispecie
interpositoria, la sentenza impugnata
risultava priva di un esame specifico degli incriminati rapporti di lavoro e delle relative modalità
di esecuzione delle prestazioni degli stessi.
La
Corte di Appello aveva inoltre maturato erroneamente il proprio convincimento senza
indicare concretamente gli atti di controllo e direzione del lavoro del
personale della cooperativa, esultanti dall’esercizio del potere di controllo
del committente nell’esecuzione dell’opera ed integranti gli estremi della
sostituzione del committente all’appaltatore nell’organizzazione e direzione
dell’esecuzione dell’opera con il ricorso alle prestazioni lavorative del
personale dell’asserito interposto.
Tali
ragioni hanno indotto la Suprema Corte alla cassazione della sentenza, in
accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Valerio
Pollastrini
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