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venerdì 16 maggio 2014

L’analisi della prova dell’interposizione di manodopera

Nella sentenza n.10427 del 14 maggio 2014 la Corte di Cassazione ha ricordato il corretto percorso giudiziale in merito alla valutazione dei mezzi di prova ai fini dell’accertamento dell’interposizione fittizia di manodopera.

La vicenda in commento è giunta all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte di Appello aveva confermato la sentenza con la quale il Tribunale  aveva rigettato l’opposizione avanzata da una società per azioni contro una cartella esattoriale relativa al pagamento richiesto dall’INPS di contributi e sanzioni.

In particolare, la Corte del merito aveva ritenuto la cartella validamente emessa dall’INPS, sulla base dell’ iscrizione a ruolo dei contributi, avvenuta in seguito al verbale ispettivo che aveva accertato l’interposizione di manodopera per i rapporti di lavoro riconducibili  alla società, formalmente istaurati con alcune cooperative.

Il giudicante aveva maturato il proprio convincimento dall’analisi del verbale ispettivo, dalle dichiarazioni rese agli ispettori da otto dipendenti e sulle risultanze di tre sentenze del Tribunale che, precedentemente, avevano accertato la fattispecie interpositoria vietata dalla legge nei confronti di tre lavoratori.

Contro la pronuncia di Appello, la società aveva proposto  ricorso per Cassazione, lamentando che la sentenza impugnata avesse fondato la decisione sulle risultanze dei verbali ispettivi e sulle dichiarazioni rese agli ispettori, nonostante queste non costituiscano efficacia probatoria privilegiata e richiedano, pertanto, una necessaria conferma in sede testimoniale.

Il ricorrente aveva inoltre contestato alla Corte territoriale di aver ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sull’INPS, in base alle risultanze dei verbali ispettivi, alle dichiarazioni rese agli ispettori da alcuni lavoratori e alle tre sentenze rese in giudizi promossi contro la società da alcuni di quei dipendenti, ritenendo  erroneamente tali pronunce passate in giudicato, senza indicare gli atti di  direzione del lavoro posti in essere dalla società sui lavoratori in questione, che esulassero dal legittimo potere di controllo del committente.

Questa seconda doglianza è stata ritenuta fondata dalla Suprema Corte che, con riguardo all’efficacia probatoria dei verbali ispettivi, ha ricordato come l’esclusione di un’efficacia diretta fino a querela di falso del contenuto intrinseco delle dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori non implica che le stesse,  in difetto di una loro conferma in giudizio, siano prive di qualsivoglia efficacia probatoria.

Gli ermellini hanno quindi affermato che, nel caso in cui le dichiarazioni dei dipendenti siano univoche, il Giudice può legittimamente ritenere superflua l’escussione dei lavoratori attraverso la prova testimoniale, specie se il datore di lavoro non alleghi o dimostri eventuali contraddizioni in grado di inficiarne l’attendibilità.

Sul punto, la Corte del merito, si era correttamente conformata al principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale i verbali redatti dai funzionari degli Enti Previdenziali o dell’Ispettorato del lavoro costituiscono piena prova dei fatti che gli ispettori attestino avvenuti in loro presenza.

Per le altre circostanze che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il Giudice può invece valutare e apprezzare liberamente il materiale probatorio, considerandolo prova sufficiente delle circostanze riferite al Pubblico Ufficiale, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l'espletamento di ulteriori mezzi istruttori.

In riferimento al motivo di ricorso ritenuto fondato, la Cassazione ha rilevato che la Corte territoriale aveva confermato l’interposizione fittizia di manodopera sulla base di tre precedenti sentenze di primo grado, erroneamente considerate come passate in giudicato, ritenendo che le stesse avevano reso inutile l’accertamento istruttorio testimoniale in primo grado richiesto dall’azienda.

Per la Suprema Corte, inoltre, la sentenza del merito aveva  attribuito rilevanza alle dichiarazioni, rese agli ispettori solo da alcuni dei lavoratori ritenuti oggetto di interposizione, senza dare conto in alcun modo degli elementi di fatto contenuti in tali dichiarazioni.

A proposito degli elementi valutati ai fini della ricorrenza della fattispecie interpositoria,  la sentenza impugnata risultava priva di un esame specifico degli incriminati  rapporti di lavoro e delle relative modalità di esecuzione delle prestazioni degli stessi.

La Corte di Appello aveva inoltre maturato erroneamente il proprio convincimento senza indicare concretamente gli atti di controllo e direzione del lavoro del personale della cooperativa, esultanti dall’esercizio del potere di controllo del committente nell’esecuzione dell’opera ed integranti gli estremi della sostituzione del committente all’appaltatore nell’organizzazione e direzione dell’esecuzione dell’opera con il ricorso alle prestazioni lavorative del personale dell’asserito interposto.

Tali ragioni hanno indotto la Suprema Corte alla cassazione della sentenza, in accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Valerio Pollastrini

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