Nella
vicenda in commento, il lavoratore si era rivolto al Giudice comunitario in
quanto, non potendo concludere nuove vendite durante il periodo di inattività,
aveva subito una riduzione dello stipendio a causa delle mancate provvigioni relative al
mese di godimento delle ferie.
In
particolare, il ricorrente aveva chiesto alla Corte di Giustizia UE di chiarire
se la normativa comunitaria (1) impone agli Stati membri di adottare provvedimenti
che garantiscano ai lavoratori, durante il periodo di ferie annuali, il pagamento, in aggiunta al compenso ordinario,
delle provvigioni che avrebbero guadagnato se non si fossero astenuti dal
lavoro per godere dei riposi contrattuali.
In
caso affermativo, il lavoratore aveva invitato il giudicante ad elencare i
principi necessari per il calcolo delle suddette provvigioni.
Investita
della questione, la Corte di Giustizia ha innanzitutto premesso che la finalità
della Direttiva 2003/88 è quella di garantire al lavoratore in ferie uno
stipendio paragonabile a quello percepito durante i periodi di lavoro.
A
tale proposito, sia l’azienda che il Governo del Regno Unito avevano sostenuto
che le disposizioni e le prassi nazionali assolvono all’obiettivo perseguito
dalla normativa comunitaria, in quanto, durante il suo periodo di ferie annuali
retribuite, il ricorrente aveva
percepito uno stipendio paragonabile a
quello ricevuto nel corso del periodo di lavoro. Oltre al compenso di base, il
dipendente aveva, infatti, potuto disporre delle provvigioni derivanti dalle
vendite realizzate nel corso delle
settimane precedenti al periodo di riposo.
Tale
argomentazione è stata però sconfessata dalla Corte che, pur confermando come
l’importo
erogato dall’azienda per le ferie annuali e per le vendite realizzate nel corso delle settimane
precedenti ad esse aveva permesso al lavoratore di fruire effettivamente delle giornate
di riposo, tuttavia, lo svantaggio finanziario differito al periodo di rientro
al lavoro, avrebbe potuto dissuaderlo dall’esercitare il proprio diritto alle
ferie annuali.
Come
confermato dalla società resistente, infatti, durante il periodo di astensione,
il lavoratore non produce provvigioni e, di conseguenza, nel mese successivo a
quello delle ferie matura esclusivamente una retribuzione ridotta allo stipendio
di base.
Orbene,
per la Corte di Giustizia, siffatta diminuzione del compenso risulta in contrasto con l’obiettivo perseguito
dall’articolo 7 della Direttiva 2003/88.
In
sostanza, a proposito dei lavoratori, la cui retribuzione sia normalmente
composta da una quota base ed una provvigione rapportata alle vendite
realizzate, la corretta interpretazione della richiamata normativa comunitaria
vieta alle regolamentazioni o alle prassi nazionali di disporre, durante il
periodo di godimento delle ferie annuali, una
retribuzione composta esclusivamente dallo
stipendio fisso.
Quanto
ai richiesti metodi di calcolo delle provvigioni per il periodo di ferie, la
Corte ha osservato che la retribuzione versata a titolo di ferie annuali deve
essere, in linea di principio, calcolata
in modo da garantire al lavoratore la retribuzione abitualmente percepita.
Qualora,
pertanto, la paga solitamente corrisposta risulti composta da più elementi, la
determinazione del compenso dovuto nel corso del periodo feriale necessita di
una specifica analisi.
Ogni
incomodo, intrinsecamente collegato all’esecuzione dei compiti gravanti sul lavoratore,
compensato da un importo in denaro incidente sul calcolo della sua retribuzione
globale, deve necessariamente far parte del corrispettivo relativo alla mensilità di fruizione delle ferie annuali.
Tale
assunto, impone, pertanto, che tutti gli elementi della retribuzione globale,
ricollegati allo status personale e
professionale del lavoratore, debbano continuare ad essere versati durante le ferie
annuali.
Se,
dunque, gli eventuali premi che si ricolleghino
alla qualità di superiore gerarchico, all’ anzianità o alle
qualifiche professionali devono essere
mantenuti, di contro, gli elementi della retribuzione globale del lavoratore,
diretti esclusivamente a coprire i costi occasionali o accessori che insorgono
in occasione dell’esecuzione delle sue mansioni, non devono essere presi in
considerazione all’atto del calcolo del pagamento da corrispondere durante le
ferie.
Nel
caso specifico, risultando palese il diretto rapporto della provvigione con l’attività svolta in seno all’impresa,
sussiste, parimenti, un nesso intrinseco tra la quota variabile percepita
mensilmente dal dipendente e l’esecuzione dei compiti su di esso incombenti in
forza del contratto di lavoro.
Ne
consegue che siffatta provvigione deve essere tenuta in considerazione per la
quantificazione della retribuzione globale spettante al lavoratore durante le
ferie annuali.
La
Corte di Giustizia ha concluso ricordando come, in un simile contesto, spetti
al Giudice nazionale valutare, alla luce dei principi appena enucleati, se,
sulla base di una media relativa ad un periodo di riferimento rappresentativo,
i metodi di calcolo della provvigione dovuta ad un lavoratore, a titolo di
ferie annuali, raggiungano l’obiettivo perseguito dall’articolo 7 della Direttiva
2003/88.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
articolo 7 della Direttiva 93/104/CE del
23 novembre 1993, relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro, come
modificato dalla Direttiva 2003/88;
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