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venerdì 23 maggio 2014

La corretta retribuzione del lavoratore in ferie

Nel dirimere la controversia insorta tra una società inglese ed un suo dipendente, nella sentenza del 22 maggio 2014, causa c-539/2012, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato che, nel caso in cui  un lavoratore, in aggiunta alla retribuzione fissa, percepisca abitualmente un compenso variabile relativo a provvigioni sul fatturato realizzato, la monetizzazione delle ferie deve essere rapportata all’intera retribuzione e non soltanto alla quota fissa di essa.

Nella vicenda in commento, il lavoratore si era rivolto al Giudice comunitario in quanto, non potendo concludere nuove vendite durante il periodo di inattività, aveva subito una riduzione dello stipendio   a causa delle mancate provvigioni relative al mese di godimento delle ferie.

In particolare, il ricorrente aveva chiesto alla Corte di Giustizia UE di chiarire se la normativa comunitaria (1) impone agli Stati membri di adottare provvedimenti che garantiscano ai lavoratori, durante il periodo di ferie annuali,  il pagamento, in aggiunta al compenso ordinario, delle provvigioni che avrebbero guadagnato se non si fossero astenuti dal lavoro per godere dei riposi contrattuali.

In caso affermativo, il lavoratore aveva invitato il giudicante ad elencare i principi necessari per il calcolo delle suddette provvigioni.

Investita della questione, la Corte di Giustizia ha innanzitutto premesso che la finalità della Direttiva 2003/88 è quella di garantire al lavoratore in ferie uno stipendio paragonabile a quello percepito durante i periodi di lavoro.

A tale proposito, sia l’azienda che il Governo del Regno Unito avevano sostenuto che le disposizioni e le prassi nazionali assolvono all’obiettivo perseguito dalla normativa comunitaria, in quanto, durante il suo periodo di ferie annuali retribuite,  il ricorrente aveva percepito  uno stipendio paragonabile a quello ricevuto nel corso del periodo di lavoro. Oltre al compenso di base, il dipendente aveva, infatti, potuto disporre delle provvigioni derivanti dalle vendite  realizzate nel corso delle settimane precedenti al periodo di riposo.

Tale argomentazione è stata però sconfessata dalla Corte che, pur confermando come
l’importo erogato dall’azienda per le ferie annuali e per le  vendite realizzate nel corso delle settimane precedenti ad esse aveva permesso al lavoratore di fruire effettivamente delle giornate di riposo, tuttavia, lo svantaggio finanziario differito al periodo di rientro al lavoro, avrebbe potuto dissuaderlo dall’esercitare il proprio diritto alle ferie annuali.

Come confermato dalla società resistente, infatti, durante il periodo di astensione, il lavoratore non produce provvigioni e, di conseguenza, nel mese successivo a quello delle ferie matura esclusivamente una retribuzione ridotta allo stipendio di base.

Orbene, per la Corte di Giustizia, siffatta diminuzione del compenso  risulta in contrasto con l’obiettivo perseguito dall’articolo 7 della Direttiva 2003/88.

In sostanza, a proposito dei lavoratori, la cui retribuzione sia normalmente composta da una quota base ed una provvigione rapportata alle vendite realizzate, la corretta interpretazione della richiamata normativa comunitaria vieta alle regolamentazioni o alle prassi nazionali di disporre, durante il periodo di godimento delle ferie annuali,  una retribuzione composta esclusivamente dallo  stipendio fisso.

Quanto ai richiesti metodi di calcolo delle provvigioni per il periodo di ferie, la Corte ha osservato che la retribuzione versata a titolo di ferie annuali deve essere, in linea di principio,  calcolata in modo da garantire al lavoratore la retribuzione abitualmente percepita.

Qualora, pertanto, la paga solitamente corrisposta risulti composta da più elementi, la determinazione del compenso dovuto nel corso del periodo feriale necessita di una specifica analisi.

Ogni incomodo, intrinsecamente collegato all’esecuzione dei compiti gravanti sul lavoratore, compensato da un importo in denaro incidente sul calcolo della sua retribuzione globale, deve necessariamente far parte del corrispettivo relativo alla mensilità di fruizione delle ferie annuali.

Tale assunto, impone, pertanto, che tutti gli elementi della retribuzione globale, ricollegati  allo status personale e professionale del lavoratore, debbano continuare ad essere versati durante le ferie annuali.

Se, dunque, gli eventuali premi che si ricolleghino  alla  qualità  di superiore gerarchico, all’ anzianità o alle  qualifiche professionali devono essere mantenuti, di contro, gli elementi della retribuzione globale del lavoratore, diretti esclusivamente a coprire i costi occasionali o accessori che insorgono in occasione dell’esecuzione delle sue mansioni, non devono essere presi in considerazione all’atto del calcolo del pagamento da corrispondere durante le ferie.

Nel caso specifico, risultando palese il diretto rapporto della  provvigione con l’attività svolta in seno all’impresa, sussiste, parimenti, un nesso intrinseco tra la quota variabile percepita mensilmente dal dipendente e l’esecuzione dei compiti su di esso incombenti in forza del contratto di lavoro.

Ne consegue che siffatta provvigione deve essere tenuta in considerazione per la quantificazione della retribuzione globale spettante al lavoratore durante le ferie annuali.

La Corte di Giustizia ha concluso ricordando come, in un simile contesto, spetti al Giudice nazionale valutare, alla luce dei principi appena enucleati, se, sulla base di una media relativa ad un periodo di riferimento rappresentativo, i metodi di calcolo della provvigione dovuta ad un lavoratore, a titolo di ferie annuali, raggiungano l’obiettivo perseguito dall’articolo 7 della Direttiva 2003/88.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - articolo 7 della Direttiva 93/104/CE  del 23 novembre 1993, relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro, come modificato dalla Direttiva 2003/88;

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