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sabato 19 aprile 2014

La maternità giustifica lo scostamento dagli studi di settore

Con l’Ordinanza n.8706 del 15 aprile 2014, la Corte di Cassazione ha disposto l’annullamento dell’accertamento spiccato a carico di una professionista neo-mamma per lo scostamento del reddito dichiarato dallo studio di settore.

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione in considerazione dell’assodato dato di fatto che la gestione dei neonati impone delle cure parentali che, inevitabilmente,  si ripercuotono  sul lavoro, riducendone i tempi di impiego.

Nel caso di specie la donna aveva contestato l’atto emesso dall’Agenzia delle Entrate, rilevando che l’infarto subito dal marito e le cure dedicate al bambino in seguito al recente parto, avevano inciso negativamente sulla sua attività lavorativa.

Ignorando le  controdeduzioni prodotte dalla lavoratrice, l’Ufficio aveva  emesso ugualmente l’atto impositivo.

Nei  primi due gradi di giudizio, sia la  Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale, avevano però accolto il ricorso della professionista.

Contro tali pronunce,  l’Agenzia delle Entrate aveva adito la Cassazione, lamentando, in particolare, la circostanza che il figlio della contribuente sarebbe nato in realtà l’anno precedente rispetto a quello dell’accertamento.

A proposito di tale doglianza, la Suprema Corte ha precisato come nella sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, era stato riportato   che il figlio fosse nato nel 2002, stesso anno dell’accertamento,  e che l’Agenzia, non aveva precisato nel ricorso  dove e come, in sede di merito, l’Ufficio avesse indicato un diverso anno di nascita del bambino.

La Cassazione ha quindi concluso rigettando il ricorso.

Valerio Pollastrini

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