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domenica 13 aprile 2014

La condotta imprudente del lavoratore esclude la responsabilità penale dell’imprenditore

Nella sentenza n. 15490 del 7 aprile 2014, la Corte di Cassazione ha escluso che, ai fini penali, sussista un’automatica responsabilità dell’imprenditore per “culpa in vigilando” in caso di decesso sul lavoro di un proprio dipendente, dovendosi invece accertare se l’evento possa essere stato causato da una condotta imprudente, con la quale il lavoratore abbia, di fatto, reso inutili le misure di sicurezza adottate in azienda.

Il caso al vaglio della Suprema Corte è quello del decesso di un lavoratore, causato dalle gravi ustioni riportate dopo essere stato investito dalle fiamme improvvisamente sviluppatesi dai vapori di carburante, ancora presenti all'interno di autoveicolo, non bonificato, che il predetto era intento a demolire, mediante l'uso di cannello ossipropanico, senza che il medesimo indossasse gli indumenti ignifughi di protezione e seguisse le procedure di cautela del caso.

La Corte di Appello aveva confermato la sentenza con la quale il GIP aveva condannato penalmente il datore di lavoro, ritenuto responsabile dell’accaduto.

Per la Corte territoriale il datore di lavoro aveva violato  l’obbligo di vigilanza  in merito al rispetto da parte del dipendente delle misure prevenzionali.

Il Giudice del merito aveva ricordato, inoltre,  come, l’imprenditore, qualora le  notevoli dimensioni aziendali lo avessero richiesto, avrebbe potuto delegare le responsabilità in materia di sicurezza ad altro soggetto  incaricato, purché dotato dei necessari poteri ed in possesso delle specifiche competenze.

Successivamente investita della questione, la Cassazione ha sconfessato la pronuncia del merito, contestando alla Corte di Appello di avere ignorato la circostanza che all’interno dell’organigramma aziendale vi fosse un dipendente preposto alle attività che avevano causato il decesso del lavoratore.

Secondo la Suprema Corte non era inoltre possibile  pretendere dal datore di lavoro la nomina di un soggetto delegato preposto al controllo, né all’imprenditore poteva essere richiesta  un’assillante vigilanza sul rispetto delle procedure di sicurezza da parte dei dipendenti.

Decisivo, ai fini dell’accoglimento del ricorso da parte della Suprema Corte, è stata la mancata indagine, da parte della Giudice del merito, in merito alle competenze ed abilità del lavoratore rimasto vittima dell'incidente.

Gli ermellini hanno affermato che, per individuare la responsabilità dell’evento, fosse indispensabile accertare se il sinistro, oltre che dalla mancata adozione della vittima delle prescritte misure di sicurezza, potesse essere stato causato da una condotta imprudente del lavoratore.

Sulla base delle richiamate motivazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviandola alla Corte di Appello per nuovo esame.
 
Valerio Pollastrini

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