Il
caso al vaglio della Suprema Corte è quello del decesso di un lavoratore,
causato dalle gravi ustioni riportate dopo essere stato investito dalle fiamme
improvvisamente sviluppatesi dai vapori di carburante, ancora presenti
all'interno di autoveicolo, non bonificato, che il predetto era intento a
demolire, mediante l'uso di cannello ossipropanico, senza che il medesimo
indossasse gli indumenti ignifughi di protezione e seguisse le procedure di
cautela del caso.
La
Corte di Appello aveva confermato la sentenza con la quale il GIP aveva condannato
penalmente il datore di lavoro, ritenuto responsabile dell’accaduto.
Per
la Corte territoriale il datore di lavoro aveva violato l’obbligo di vigilanza in merito al rispetto da parte del dipendente delle
misure prevenzionali.
Il
Giudice del merito aveva ricordato, inoltre, come, l’imprenditore, qualora le notevoli dimensioni aziendali lo avessero
richiesto, avrebbe potuto delegare le responsabilità in materia di sicurezza ad
altro soggetto incaricato, purché dotato
dei necessari poteri ed in possesso delle specifiche competenze.
Successivamente
investita della questione, la Cassazione ha sconfessato la pronuncia del
merito, contestando alla Corte di Appello di avere ignorato la circostanza che
all’interno dell’organigramma aziendale vi fosse un dipendente preposto alle
attività che avevano causato il decesso del lavoratore.
Secondo
la Suprema Corte non era inoltre possibile pretendere dal datore di lavoro la nomina di
un soggetto delegato preposto al controllo, né all’imprenditore poteva essere
richiesta un’assillante vigilanza sul rispetto
delle procedure di sicurezza da parte dei dipendenti.
Decisivo,
ai fini dell’accoglimento del ricorso da parte della Suprema Corte, è stata la
mancata indagine, da parte della Giudice del merito, in merito alle competenze
ed abilità del lavoratore rimasto vittima dell'incidente.
Gli
ermellini hanno affermato che, per individuare la responsabilità dell’evento,
fosse indispensabile accertare se il sinistro, oltre che dalla mancata adozione
della vittima delle prescritte misure di sicurezza, potesse essere stato
causato da una condotta imprudente del lavoratore.
Sulla
base delle richiamate motivazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la
sentenza impugnata, rinviandola alla Corte di Appello per nuovo esame.
Valerio Pollastrini
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