La
vicenda giunta al vaglio della Suprema Corte è quella che ha visto il decesso di un operaio
in seguito alla caduta da un ponteggio mentre si trovava sulla volta di una
chiesa privo dell'attrezzatura di sicurezza.
La
Cassazione ha dedotto dall’omesso uso della cintura da parte del dipendente la
violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi di vigilanza sul
rispetto delle prescrizioni antinfortunistiche.
Per
evitare la condanna il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare che la
vittima avesse deliberatamente omesso di utilizzare il dispositivo di
protezione.
La
Suprema Corte ha ricordato come, ai sensi dell’art.376 del D.p.r. n.547/1995, in tutti i casi in cui debbano essere eseguiti
lavori di manutenzione e riparazione, l'accesso ai posti elevati di edifici
deve essere reso sicuro ed agevole attraverso la predisposizione di adeguati
strumenti di sicurezza, indipendentemente dall’ordinarietà o straordinarietà di
tali lavorazioni.
Come
già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (1) la finalità
della richiamata norma è quella di
prevenire la caduta dall'alto dei lavoratori chiamati ad operare in simili
condizioni ad altezze pericolose, senza che ciò escluda il datore dall’obbligo di
vigilare sul corretto utilizzo da parte di coloro che accedano al tetto delle cinture di
sicurezza.
La
giurisprudenza è inoltre concorde nel ritenere che, in tema di prevenzione
degli infortuni sul lavoro, nel caso di
lavorazioni eseguite ad altezza superiore a due metri, il datore di lavoro
debba apprestare impalcature, ponteggi o altre opere
provvisionali, senza che tale obbligo possa essere sostituito dall'uso delle cinture di
sicurezza, il cui utilizzo è previsto dalla legge solo in via sussidiaria o complementare (2).
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass. pen. Sez. IV, n.7682 del 21.1.2010;
(2)
-
Cass. pen. Sez. IV, n. 25134 del 19.4.2013;
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