Chi siamo


MEDIA-LABOR Srl - News dal mondo del lavoro e dell'economia


martedì 15 aprile 2014

Illegittimo il licenziamento del disabile se non supportato dall’analisi della commissione medica

Nella sentenza n.8450 del 10 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoratore disabile, assunto come soggetto invalido avviato al lavoro tramite le apposite liste per il collocamento obbligatorio, non può essere  licenziato legittimamente in assenza del  parere della commissione medica.

Il caso di specie è giunto al vaglio del giudice di legittimità dopo che la Corte di Appello, riformando la pronuncia di primo grado, aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato nei confronti di un  disabile, con conseguente condanna della società a reintegrarlo nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno subito.

In particolare, la Corte del merito aveva sconfessato la pronuncia di primo grado in quanto  il Tribunale  non aveva tenuto conto che il ricorrente era stato assunto come soggetto invalido, avviato al lavoro attraverso le apposite liste di collocamento dei disabili e che, per tale qualità, il recesso poteva ritenersi legittimo solamente in presenza delle condizioni previste dall'art. 10 della legge n.68 del 1999.

Il Giudice di Appello aveva osservato che, poiché la valutazione sulla definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda,  è riservata esclusivamente alla Commissione di cui all'art. 10, comma 3, di detta legge, il datore di lavoro avrebbe potuto legittimamente intimare il recesso solamente nel caso in cui l'organo sanitario avesse ravvisato tale impossibilità.

Contro questa sentenza, l’azienda aveva adito la Cassazione, lamentando che la Commissione medica non aveva dichiarato che il dipendente fosse completamente inabile al lavoro, ma che la sua idoneità era soggetta alla  limitazione di evitare la "prolungata stazione eretta".  

Il datore di lavoro aveva quindi sostenuto che il licenziamento fosse stato irrogato poiché nell'organizzazione aziendale non era stato possibile individuare delle posizioni lavorative compatibili con la limitazione  imposta dalla Commissione.

Investita della questione, la Suprema Corte ha ricordato come il comma 3 dell’art.10 della legge n.68/99 prevede che,  nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile possa chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni affidategli con il proprio stato di salute.

La stessa norma chiarisce che, nelle medesime circostanze, il datore di lavoro  possa chiedere un accertamento delle condizioni di salute del disabile per verificare se la protrazione del rapporto lavorativo sia compatibile con le sue minorazioni.

Nel caso di una riscontrata  condizione di aggravamento, incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o qualora tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino alla persistenza dell'incompatibilità, fatta salva per l’azienda la possibilità di impiegare ugualmente il disabile in tirocini formativi.

Gli accertamenti richiesti, debbono essere effettuati dalla commissione di cui all’art.4 della legge n.104 del  5 febbraio 1992 (1),   sentito anche il parere della commissione provinciale per il collocamento obbligatorio di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, art. 6, comma 3 (2).

La Cassazione ha ribadito che, in base alla richiamata disposizione di legge, la richiesta di accertamento ed il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro.

Il disabile, infatti, può essere licenziato solamente nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione abbia accertato la definitiva impossibilità di reinserire il dipendente all'interno dell'azienda.

Costituisce inoltre un consolidato principio affermato dalla Cassazione quello in base al quale  il licenziamento dell'invalido, assunto in applicazione della normativa sul collocamento obbligatorio, è soggetto alla generale disciplina normativa e contrattuale solamente nelle ipotesi   di giusta causa o giustificato motivo di recesso.

Con riferimento, invece, al licenziamento determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, il recesso è legittimo solo in presenza della  perdita totale della capacità lavorativa o nella situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti (3).

La verifica di tali condizioni  è categoricamente riservata alla competenza della apposita commissione, la cui valutazione deve essere compiuta in funzione della maggior tutela riservata ai disabili, per i quali ai fini della risoluzione del rapporto, è necessaria la definitiva impossibilità di reinserimento all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro.

Tornando al caso di specie, avendo accertato che il licenziamento del dipendente non era stato preceduto da un accertamento effettuato dalla Commissione che avrebbe dovuto valutare la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la Corte di Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso aziendale.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - integrata dall'articolo 1, comma 4, della presente legge n.68/1999;
(2)   - come modificato dall'art. 6 della legge n.68/1999;
(3)   – come previsto dall’art.10 della legge n.482/1968;

Nessun commento:

Posta un commento