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sabato 19 aprile 2014

Conseguenze per l’installazione dell’impianto di videosorveglianza senza la preventiva autorizzazione

Ai sensi dell'art. 4 della legge n.300/1970, gli  impianti e le apparecchiature di videosorveglianza  che siano richiesti da  esigenze  organizzative  e  produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro,  ma  dai  quali  derivi  anche la possibilità di controllo a distanza  dell'attività  dei  lavoratori,  possono essere installati soltanto  previo  accordo  con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di accordo, attraverso l’autorizzazione rilasciata  dall’Ispettorato del  lavoro. 

Nella sentenza n.17027 del 17 aprile 2014, la Corte di Cassazione ha affermato che, per la configurazione del reato previsto in caso di violazione della richiamata norma dello Statuto dei Lavoratori, non è richiesto che tali apparecchiature siano predisposte per un  controllo occulto, destinato a verificare la produttività dei lavoratori dipendenti.  La finalità della sanzione è infatti quella di impedire l’utilizzo in azienda degli impianti audiovisivi senza un preventivo accordo con le parti sociali o in mancanza dell’autorizzazione dell’Ispettorato.

 
Gli ermellini hanno inoltre ritenuto priva di rilevanza l’addotta insussistenza dell'elemento soggettivo del reato. La circostanza che la datrice di lavoro, nata e vissuta per lungo tempo negli Stati Uniti, avrebbe ignorato le prescrizioni imposte dalla legge, non è sufficiente, infatti, ad escluderne la  colpevolezza.

Il caso giunto all’attenzione della Suprema Corte è quello di un’imprenditrice ritenuta responsabile del reato di cui alla richiamata norma dello Statuto dei Lavoratori, in seguito  all’installazione di un impianto di videosorveglianza, senza  la preventiva autorizzazione.

Nel rigettare il ricorso, la Cassazione ha affermato che il Giudice di merito, richiamando puntualmente le emergenze istruttorie, assoggettate ad una esaustiva analisi valutativa, avesse logicamente e correttamente argomentato in relazione alla concretizzazione del reato contestato ed alla riconducibilità dello stesso alla responsabilità della datrice di lavoro.

Valerio Pollastrini

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