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mercoledì 19 marzo 2014

Sussistenza della subordinazione anche in assenza del potere disciplinare

Nella sentenza n.4856 del 28 febbraio 2014 la Corte di Cassazione ha riconosciuto la natura subordinata di un rapporto di lavoro nonostante il ricorrente fosse risultato non soggetto al potere disciplinare del datore di lavoro.

Il caso in commento è quello di uno  psicologo che aveva svolto le proprie prestazioni in favore dell’Azienda USL n. 1 di Massa Carrara con un contratto  di lavoro autonomo.

Costui, al termine del  rapporto, sostenendo la riconducibilità delle prestazioni  nell’alveo della subordinazione, si era rivolto al Tribunale di Massa chiedendo la condanna dell’azienda al pagamento di circa 28 mila € a titolo di differenze retributive.

Il Tribunale aveva accolto la domanda del ricorrente ritenendo decisivi, ai fini del riconoscimento della natura subordinata, la sussistenza nel rapporto di elementi quali  l’inserimento del medico nell’organizzazione aziendale, la presenza di un orario di lavoro predeterminato e l’assoggettamento del lavoratore alle disposizioni dei dirigenti.

Successivamente, anche la Corte di Appello di Genova aveva deciso la controversia in favore del lavoratore, confermando quanto disposto nel primo grado di giudizio.

La USL aveva dunque  proposto ricorso per cassazione, contestando alla Corte genovese di avere affermato l'esistenza della subordinazione senza avere accertato se il medico fosse stato soggetto al potere disciplinare del datore di lavoro, fondando, altresì, la propria decisione sull’accertato svolgimento da parte dello psicologo  di un’attività lavorativa attraverso modalità analoghe a quelle dei nuovi colleghi inquadrati come dipendenti.

La Corte di Cassazione  ha rigettato il ricorso, ricordando che, fini del riconoscimento della subordinazione, il fatto che il medico avesse eseguito un’attività lavorativa identica a quella espletata dagli altri psicologi di ruolo, costituiva un indice significativo di valutazione che,  pur di per sé non sufficiente, risulta decisivo se analizzato insieme agli altri elementi ritenuti dalla giurisprudenza sintomatici della subordinazione, quali:

-         La messa a disposizione di mere energie lavorative;
-         L’eterodirezione delle modalità, anche di tempo e di luogo, della prestazione;
-         L’inserimento del lavoratore nell'organizzazione produttiva e/o gerarchica dell'impresa;  
-         La sottoposizione al potere disciplinare dell'imprenditore o di suoi preposti;
-         L’utilizzo di strumenti e materiali di lavoro propri o forniti dal datore di lavoro;
-         L’obbligo di osservare un determinato orario di lavoro e/o un certo numero di presenze o di turni;
-         La continuità della collaborazione;
-         L’obbligo di giustificare le assenze;
-         Il compenso determinato in misura fissa;
-         Il luogo della prestazione.

La Cassazione ha osservato che il giudicante, per una corretta qualificazione del rapporto, è chiamato a  compiere una  valutazione d’insieme sulla concordanza dei suddetti indici sintomatici, in modo che la loro combinazione possa fornire una valida prova presuntiva.

Di contro la Suprema Corte esclude ogni valenza ad una valutazione perseguita sull’apprezzamento volta per volta di ogni indizio preso singolarmente.

Per la Cassazione, la Corte di merito,   nel maturare la propria decisione, si era correttamente attenuta ai richiamati principi, valutando gli indizi muniti di idoneità presuntiva, sia singolarmente che unitariamente nel loro complesso.

Valerio Pollastrini

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