Il caso in
commento è quello di uno psicologo che
aveva svolto le proprie prestazioni in favore dell’Azienda USL n. 1 di Massa
Carrara con un contratto di lavoro
autonomo.
Costui, al
termine del rapporto, sostenendo la
riconducibilità delle prestazioni nell’alveo
della subordinazione, si era rivolto al Tribunale di Massa chiedendo la
condanna dell’azienda al pagamento di circa 28 mila € a titolo di differenze retributive.
Il Tribunale
aveva accolto la domanda del ricorrente ritenendo decisivi, ai fini del
riconoscimento della natura subordinata, la sussistenza nel rapporto di
elementi quali l’inserimento del medico
nell’organizzazione aziendale, la presenza di un orario di lavoro predeterminato
e l’assoggettamento del lavoratore alle disposizioni dei dirigenti.
Successivamente,
anche la Corte di Appello di Genova aveva deciso la controversia in favore del
lavoratore, confermando quanto disposto nel primo grado di giudizio.
La USL aveva
dunque proposto ricorso per cassazione,
contestando alla Corte genovese di avere affermato l'esistenza della
subordinazione senza avere accertato se il medico fosse stato soggetto al
potere disciplinare del datore di lavoro, fondando, altresì, la propria decisione
sull’accertato svolgimento da parte dello psicologo di un’attività lavorativa attraverso modalità
analoghe a quelle dei nuovi colleghi inquadrati come dipendenti.
La Corte di
Cassazione ha rigettato il ricorso,
ricordando che, fini del riconoscimento della subordinazione, il fatto che il
medico avesse eseguito un’attività lavorativa identica a quella espletata dagli
altri psicologi di ruolo, costituiva un indice significativo di valutazione che,
pur di per sé non sufficiente, risulta
decisivo se analizzato insieme agli altri elementi ritenuti dalla
giurisprudenza sintomatici della subordinazione, quali:
-
La messa a
disposizione di mere energie lavorative;
-
L’eterodirezione
delle modalità, anche di tempo e di luogo, della prestazione;
-
L’inserimento
del lavoratore nell'organizzazione produttiva e/o gerarchica dell'impresa;
-
La sottoposizione
al potere disciplinare dell'imprenditore o di suoi preposti;
-
L’utilizzo
di strumenti e materiali di lavoro propri o forniti dal datore di lavoro;
-
L’obbligo di
osservare un determinato orario di lavoro e/o un certo numero di presenze o di
turni;
-
La continuità
della collaborazione;
-
L’obbligo di
giustificare le assenze;
-
Il compenso
determinato in misura fissa;
-
Il luogo
della prestazione.
La
Cassazione ha osservato che il giudicante, per una corretta qualificazione del
rapporto, è chiamato a compiere una valutazione d’insieme sulla concordanza dei
suddetti indici sintomatici, in modo che la loro combinazione possa fornire una
valida prova presuntiva.
Di contro la
Suprema Corte esclude ogni valenza ad una valutazione perseguita sull’apprezzamento
volta per volta di ogni indizio preso singolarmente.
Per la
Cassazione, la Corte di merito, nel maturare la propria decisione, si era
correttamente attenuta ai richiamati principi, valutando gli indizi muniti di
idoneità presuntiva, sia singolarmente che unitariamente nel loro complesso.
Valerio
Pollastrini
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