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domenica 23 marzo 2014

La nuova disciplina del contratto a tempo determinato

Il 21 marzo, con l’entrata in vigore del Decreto Legge n.34/2014 sono diventate operative le misure più urgenti del Jobs Act.

Le modifiche apportate, tra l’altro, all’istituto dei contratti a tempo determinato, impongono un’analisi riepilogativa dell’intera disciplina ora vigente.

A questo proposito, la principale novità riguarda principalmente il c.d. “contratto acausale”, per in quale, si ricorda,  l’apposizione del termine al contratto non richiede alcuna ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.

Questa tipica fattispecie contrattuale potrà avere una durata massima di  36 mesi.

L’altra grande novità riguarda la possibilità di proroga, ora ammessa fino ad 8 volte nel limite dei 36 mesi.

Il Decreto ha inoltre introdotto un requisito numerico per la legittima stipulazione dei contratti a termine. Ogni azienda potrà infatti farvi ricorso entro il limite del  20% dell’organico compressivo. I datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti potranno comunque  stipulare almeno un contratto di lavoro a tempo determinato.

Occorre precisare che il suddetto limite numerico non opera per i contratti a tempo determinato stipulati nel rispetto della vecchia normativa e cioè:

-         nelle ipotesi previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
-        nella fase di avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
-        per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell’elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni;
-         per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
-         con lavoratori di età superiore a 55 anni.

Ricapitolando, nel rispetto del richiamato limite numerico, è ora  consentita l’apposizione di un termine senza causale alla durata del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione.

Proroghe e rinnovi
Il Decreto ha introdotto la possibilità di prorogare il  contratto a tempo determinato, nel limite dei 36 mesi, fino ad un massimo di 8 volte, purché le proroghe siano richieste per l’esecuzione della stessa attività lavorativa per la quale era stato stipulato l’originale contratto a termine.

Alla luce della  nuova disposizione normativa il termine del contratto a tempo determinato potrà dunque essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale sia inferiore a tre anni. In questi casi le proroghe saranno ammesse, fino ad un massimo di otto volte, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale era stato stipulato il contratto a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine  non potrà comunque essere superiore ai tre anni. L’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l’eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.

Rimane invariata invece la disciplina dei rinnovi e, pertanto, qualora il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto dovrà essere considerato a tempo indeterminato. Mentre,  qualora fra la scadenza del primo e l’inizio del successivo non passi neanche un giorno,  il rapporto sarà considerato a tempo indeterminato sin dal primo contratto.

Valerio Pollastrini

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