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mercoledì 5 marzo 2014

Illegittimo licenziare il lavoratore che va a caccia durante la malattia

Nella sentenza n.4869 del 28 febbraio 2014 la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi in merito alla legittimità del licenziamento irrogato ad  un dipendente sorpreso a svolgere altra attività durante l’assenza dal lavoro per malattia.

Nel richiamare un costante orientamento  della giurisprudenza di legittimità, la Suprema Corte ha ricordato che l’espletamento da parte del lavoratore di altra attività, sia essa di natura lavorativa che extralavorativa, in concomitanza con lo stato di malattia, si traduce in una violazione dei  doveri contrattuali di correttezza e buona fede solamente nel caso in cui detta attività ne pregiudichi  ulteriormente lo stato di salute o ne ritardi la guarigione.

Il caso di specie è quello di un dipendente con mansioni di autista e di guardia giurata che aveva contestato il licenziamento intimatogli  dal datore di lavoro che lo aveva sorpreso in abiti da cacciatore  durante l’assenza per malattia.

Nel dirimere la controversia la Cassazione ha ribadito che, in base al citato orientamento, perché il recesso sia legittimo è necessario che l’altra attività risulti incompatibile con il lamentato stato di malattia o che sia, quantomeno, potenzialmente idonea ad impedire o ritardare la guarigione del lavoratore. Si tratta di una circostanza che, ai fini disciplinari, deve essere provata dal datore di lavoro.

Per la Suprema Corte nel caso in commento l’azienda non aveva provato che la caccia avesse messo a repentaglio la salute del lavoratore o ne avesse ritardato la guarigione causando un  danno al datore di lavoro.

In merito all’adeguatezza della sanzione espulsiva, la Cassazione ha ricordato che, per valutare  la proporzionalità di un provvedimento disciplinare alla condotta contestata, il Giudice deve accertare se la sanzione irrogata sia adeguata alla gravità dell’inadempimento del dipendente.

Nella vicenda in commento, come detto,  il datore di lavoro non era riuscito a provare che l’attività svolta in concomitanza con la malattia avesse pregiudicato la guarigione del lavoratore   e, pertanto, la Cassazione ha escluso che la condotta contestata al dipendente potesse aver  leso irreparabilmente il vincolo fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro.

Per tale ragione, il  licenziamento è stato ritenuto illegittimo.

Valerio Pollastrini

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