Il
caso di specie è quello del portiere di uno stabile che, in seguito all’assunzione,
aveva ricevuto dal condominio un immobile in comodato.
Al
termine del primo grado di giudizio, il Tribunale aveva ritenuto che il
contratto di comodato fosse stato concluso a durata indeterminata ma una simile
interpretazione era stata, in seguito, disconosciuta dalla Corte di Appello che
aveva altresì imposto al portiere di lasciare l’immobile in conseguenza della
cessazione del rapporto di lavoro.
Ricordando
come la durata del comodato dipenda
dalle clausole contenute nel contratto, nonché dalla volontà espressa dalle
parti, a seguito di assunzione di nuovo soggetto da adibire alle medesime
funzioni, la Corte territoriale aveva disposto il rilascio dell'immobile da parte del
portiere.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione fornita dal giudice di
Appello, escludendo che, a proposito del comodato, le parti avessero espresso la volontà di stipulare
un contratto ad esclusivo beneficio abitativo
del ricorrente.
Per
la Cassazione, dunque, la cessione in
comodato dell'immobile doveva essere
intesa ad uso esclusivo del portiere solamente in via temporanea, con
conseguente legittimità della pretesa
avanzata dal condominio sulla restituzione del suddetto immobile in seguito all’assunzione
di altro soggetto.
Valerio
Pollastrini
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