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giovedì 13 marzo 2014

Divulgare i motivi del licenziamento per colpa danneggia l’immagine del dipendente

Nella sentenza n.4854 del 28 febbraio 2014 la Corte di Cassazione ha condannato la Pubblica Amministrazione a risarcire il danno d’immagine procurato ad un lavoratore attraverso la divulgazione dei motivi del suo licenziamento.

Il caso in commento è quello di un dipendente del Ministro Affari Esteri, licenziato in seguito ai gravi comportamenti dei quali lo stesso si sarebbe reso colpevole nel corso di  una missione in Tunisia, dove era stato temporaneamente inviato nell’ambito di un programma di cooperazione.

Dopo il recesso il Ministero, oltre ad inoltrare una copia della lettera di licenziamento alla Fao e alle autorità tunisine, ne aveva disposto la pubblicazione sul Bollettino della Cooperazione.

Il lavoratore si era rivolto al Tribunale di Roma contestando il recesso e chiedendo il risarcimento del danno procurato alla sua immagine con  la divulgazione della lettera contenente i motivi del licenziamento.

Il Giudice di primo grado aveva dichiarato illegittimo il recesso, condannando il Ministero a corrispondere al lavoratore le retribuzioni decorrenti dalla data del licenziamento fino a quella di scadenza del contratto a termine intercorso tra le parti. Il Tribunale aveva invece respinto la domanda di risarcimento del danno.

Successivamente, la Corte di Appello di Roma  aveva  riconosciuto al lavoratore anche il diritto al risarcimento del  danno, quantificandolo in 50.000,00 €.

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha confermato quanto disposto nella sentenza di Appello.

In particolare, la Suprema Corte ha ravvisato quale presupposto del danno all’immagine, non il mero licenziamento o la sua comunicazione alla FAO e alle autorità tunisine, bensì l'invio ad essi della lettera di recesso  e della sua diffusione anche attraverso il Bollettino della Cooperazione, senza peraltro che l'Amministrazione avesse fornito spiegazioni per  simili provvedimenti.

Nel caso di specie, dunque, prescindendo dall’illegittimità del licenziamento, la configurazione del danno risiede nell’indebita diffusione delle motivazioni del recesso.

Valerio Pollastrini

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