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venerdì 21 febbraio 2014

Solo il datore di lavoro può chiedere all'Inps la restituzione dei contributi indebitamente versati, anche per la quota riguardante i lavoratori

A proposito delle assicurazioni sociali obbligatorie, con la sentenza n.3491 del 14 febbraio 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio  della c.d. trilateralità del rapporto giuridico previdenziale, intercorrente tra il lavoratore subordinato in veste di soggetto assicurato, il datore di lavoro quale soggetto assicurante e l’Inps come Ente assicuratore.

In sostanza, la costituzione di un rapporto di natura previdenziale determina un’obbligazione contributiva nella quale l’Istituto assicuratore rappresenta il  soggetto attivo, mentre il datore di lavoro, in veste di parte passiva, è il  soggetto sul quale ricade l’onere di versare i contributi nella loro interezza. Come unico beneficiario della prestazione previdenziale, il lavoratore resta invece estraneo a tale rapporto obbligatorio.

Il caso in questione è quello di due lavoratori, assunti dal padre con contratto di lavoro subordinato nell’ambito di un’impresa familiare, successivamente trasformata in s.n.c., che avevano impugnato dinnanzi al Giudice del lavoro il verbale di accertamento con il quale l’Inps, in base all’assunto  che nell'impresa familiare non può sussistere un rapporto di lavoro subordinato, aveva disposto l’annullamento dei contributi previdenziali versati in loro favore.

Il Tribunale aveva accolto il ricorso dei lavoratori, riconoscendo il  diritto dei ricorrenti ad effettuare i versamenti contributivi quali lavoratori subordinati.

Successivamente investita della questione, la Cassazione, ha però rilevato il difetto di legittimazione processuale da parte dei due lavoratori che non potevano quindi proporre l’azione in commento.

La Suprema Corte ha ricordato che, in ragione del fatto che il rapporto di natura contributiva coinvolge esclusivamente il datore di lavoro e l’Ente previdenziale, il datore di lavoro è l'unico legittimato a chiedere all'Ente previdenziale la restituzione dei contributi indebitamente versati, anche per la quota a carico del dipendente. Il lavoratore, invece, può agire esclusivamente nei confronti del datore di lavoro per la restituzione della sua quota.

Lo stesso principio risulta applicabile anche nel caso del mancato versamento dei contributi da parte dell’azienda. In una simile fattispecie, quindi, il lavoratore non può agire verso gli Enti previdenziali per costringerli all'azione di recupero dei contributi, dovendo a tal fine agire per il versamento nei confronti del datore di lavoro.

In sostanza, la Cassazione ha escluso che i lavoratori  possano agire in via autonoma nei confronti dell’Inps per l'accertamento del rapporto di lavoro subordinato, così come, ugualmente, non possono chiedere di sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi, essendo loro attribuiti, nel caso di omissione contributiva, solo il rimedio previsto dall' art. 2116 c.c. e la facoltà di richiedere all'INPS la costituzione della rendita vitalizia ex art. 13 L. 1338/1962, pari alla quota di pensione che sarebbe spettata in relazione ai contributi omessi.

Valerio Pollastrini

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