L’Università
degli Studi di Firenze, in data 23 aprile 2013, aveva indetto una selezione per
un posto di Area tecnica da destinare al
laboratorio e tra i requisiti di partecipazione aveva inserito quello della cittadinanza italiana o di un
altro Paese dell’Unione Europea.
Con ricorso ex artt. 702 bis c.p.c., l’Associazione ASGI si era rivolta al Tribunale di Firenze perché accertasse
la natura discriminatoria del suddetto avviso di selezione.
In particolare,
la ricorrente contestava che l’esclusione dei cittadini extracomunitari dalla
partecipazione al bando avesse violato il principio di parità di trattamento
dei lavoratori nell’accesso al pubblico impiego, enunciato dagli artt. 2 e 3 del
D.lgs. n.286/1998 e dalla Convenzione OIL n. 143/1975, ratificata in Italia con
legge n. 158/1981.
L’Associazione
ASGI aveva poi chiesto di accertare la natura discriminatoria del bando con
riferimento ad alcune categorie di stranieri, per le quali l’ordinamento
comunitario ha espressamente previsto l’accesso al lavoro ed all’istruzione in
condizioni di parità con i cittadini comunitari, in particolare, i familiari
del cittadino dell’Unione Europea, i cittadini di Paesi terzi in possesso del
permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti ed i rifugiati politici.
In
conseguenza della supposta natura discriminatoria dell’avviso in questione, la
ricorrente aveva, altresì, chiesto al giudice di ordinare all’Università la pubblicazione
del provvedimento e di disporre, occorrendo, un piano di rimozione delle
discriminazioni accertate, nonché di condannare l’Amministrazione convenuta al
risarcimento del danno non patrimoniale, determinato dalla lesione del diritto
alla parità di trattamento, da stimare in via equitativa.
L’Università
degli Studi di Firenze aveva ribattuto che, in seguito all’emanazione della
legge n. 97 del 6.8.2013, la quale, intervenendo
sull’art. 38 del D.lgs. n. 165/2001, aveva sancito l’apertura dei ruoli pubblici ai
lavoratori extracomunitari, aveva tempestivamente
adeguato il bando oggetto di contestazione, includendo negli avvisi di
selezione pubblicati, tra i possibili partecipanti, anche gli appartenenti alle
categorie espressamente contemplate dalla disposizione legislativa citata, ovvero:
a) cittadini
non comunitari titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo di cui all’art. 9 D.lgs. 286/1998;
b) titolari
dello status di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione
internazionale (D.lgs. 251/2007);
c) familiari
dei cittadini dell’UE di cui al D.lgs. n. 30/2007.
Conseguentemente,
secondo l’Università, la materia del contendere doveva ritenersi cessata.
La pronuncia del Tribunale
Il Tribunale
ha innanzitutto premesso come, in sostanza, la domanda dell’associazione
ricorrente attenesse alla sussistenza di una violazione del principio di parità
di trattamento nell’accesso al pubblico impiego nei casi in cui (come per il
bando in questione) la Pubblica Amministrazione escluda, per i cittadini stranieri,
la possibilità di partecipare a bandi per posti e funzioni che non concernano
attività implicanti l’esercizio di pubblici poteri, ovvero funzioni di
interesse nazionale.
A detta del
giudicante, tale accertamento si colloca su due distinti momenti temporali.
Il primo, antecedente
alla modifica dell’art. 38 del D.lgs n.165/2001, si caratterizza per un quadro
normativo complesso, nel quale l’Ateneo fiorentino ha ritenuto di aderire
all’orientamento più restrittivo, escludendo la possibilità per ogni cittadino
non avente cittadinanza nell’Unione Europea di accedere al pubblico impiego.
Dopo la
novella legislativa, l’Ateneo fiorentino aveva infatti ampliato il novero dei
soggetti ammessi ai bandi del concorso, attenendosi tuttavia strettamente al
dato legislativo di cui alla disposizione citata. In tal modo aveva omesso di
includere tra i soggetti ammessi due ulteriori categorie, seppur più
circoscritte, di soggetti ed in particolare:
- i
familiari del rifugiato soggiornanti in Italia (che godono del medesimo status
dei rifugiati ai sensi dell’art. 22 comma 2 d.lgs. 251/2007);
- i titolari
di carta Blu UE (i quali, ai sensi dell’art. 27 quater comma 14 e 15, beneficiano di un trattamento uguale a quello
riservato ai cittadini, conformemente alla normativa vigente, ad eccezione
dell’accesso al mercato del lavoro nei primi due anni e per i quali è comunque
escluso l’accesso al lavoro unicamente se le attività dello stesso comportano,
anche in via occasionale l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri,
ovvero attengono alla tutela dell’interesse nazionale).
Per il
Tribunale, anche nei confronti questi ultimi soggetti deve essere riconosciuto il
diritto di accedere ai concorsi per pubblico impiego, non solo perché la
normativa nazionale sopra citata lo prevede, ma anche perché una diversa
soluzione contrasterebbe sia con il principio di uguaglianza dettato dall’art.
3 della Costituzione, sia con gli artt. 2 e 3 del D.lgs. 286/1998, che
costituiscono attuazione dalla Convenzione OIL n. 143/1975.
Ne deriva, a
detta del giudicante, che qualsiasi esclusione da bandi di selezione delle due
categorie sopra descritte, non giustificata dall’implicazione di pubblici
poteri o dalla tutela dell’interesse nazionale, deve ritenersi discriminatoria.
La domanda
dell’Associazione ASGI, relativa alla dichiarazione del carattere
discriminatorio dell’avviso di selezione indetto dall’Università fiorentina, è
stata dunque accolta.
Il Tribunale
ha però respinto la domanda relativa alla condanna a risarcire la ricorrente il
danno non patrimoniale determinato dalla lesione del diritto alla parità di
trattamento.
L’Associazione,
infatti, non aveva allegato elementi di
fatto dai quali potesse desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio
sofferto. Come costantemente sottolineato anche da pacifica giurisprudenza di
legittimità, il danno non patrimoniale, perfino nel caso in cui sia determinato dalla lesione
di diritti inviolabili della persona, non è in
re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e
provato da chi ne domandi il risarcimento (1): il che non è avvenuto nel presente caso.
Il Tribunale
ha poi sottolineato l’esigenza di tenere conto del quadro normativo di riferimento,
caratterizzato, soprattutto prima della modifica del citato art. 38, per la
complessità e la non univocità delle soluzioni interpretative.
L’Ateneo fiorentino
aveva scelto di aderire
all’interpretazione più restrittiva, sulla base del dato legislativo (in
particolare, l’art. 2 del D.p.r. n. 487/1994), avallata dalla Corte Cassazione
n. 24170/2006, nonché dal Parere del 2004 del Dipartimento della funzione
pubblica, senza che tale scelta avesse implicato la sussistenza di una volontà
di discriminare i cittadini extracomunitari.
L’assenza di
una qualsiasi effettiva intenzione discriminatoria da parte dell’Università
convenuta è desumibile, del resto, anche dal tempestivo adeguamento al nuovo
dettato dell’art. 38 citato.
In base alle
motivazioni sopra elencate, il Tribunale di Firenze, in accoglimento del ricorso,
ha dichiarato il carattere
discriminatorio del bando di selezione proposto dall’Università degli Studi di
Firenze per la mancata inclusione delle categorie previste in motivazione, ma
ha, altresì, ritenuto infondata la
domanda di risarcimento del danno.
A causa della
parziale soccombenza dell’Associazione ASGI ricorrente e la complessità e non
univocità del quadro normativo ed interpretativo, il Tribunale ha disposto l’integrale
compensazione delle spese del giudizio.
Valerio
Pollastrini
(1) - cfr. Cass. civ., ord., Sentenza n.
21865/2013;
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