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sabato 1 febbraio 2014

Discriminatorio il bando di selezione del personale che esclude dai partecipanti i cittadini extra-comunitari

Il Tribunale di Firenze, con l’ordinanza n.2679 del 23 gennaio 2014, ha ritenuto discriminatorio e lesivo del principio di parità di trattamento il bando di selezione del personale che escluda dai partecipanti i cittadini extra-comunitari.

L’Università degli Studi di Firenze, in data 23 aprile 2013, aveva indetto una selezione per  un posto di Area tecnica da destinare al laboratorio e tra i requisiti di partecipazione aveva inserito  quello della cittadinanza italiana o di un altro Paese dell’Unione Europea.

Con ricorso ex artt. 702 bis c.p.c., l’Associazione ASGI  si era rivolta al Tribunale di Firenze perché accertasse la natura discriminatoria del suddetto avviso di selezione.

In particolare, la ricorrente contestava che l’esclusione dei cittadini extracomunitari dalla partecipazione al bando avesse violato il principio di parità di trattamento dei lavoratori nell’accesso al pubblico impiego, enunciato dagli artt. 2 e 3 del D.lgs. n.286/1998 e dalla Convenzione OIL n. 143/1975, ratificata in Italia con legge n. 158/1981.

L’Associazione ASGI aveva poi chiesto di accertare la natura discriminatoria del bando con riferimento ad alcune categorie di stranieri, per le quali l’ordinamento comunitario ha espressamente previsto l’accesso al lavoro ed all’istruzione in condizioni di parità con i cittadini comunitari, in particolare, i familiari del cittadino dell’Unione Europea, i cittadini di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti ed i rifugiati politici.

In conseguenza della supposta natura discriminatoria dell’avviso in questione, la ricorrente aveva, altresì, chiesto al giudice  di ordinare all’Università la pubblicazione del provvedimento e di disporre, occorrendo, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, nonché di condannare l’Amministrazione convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale, determinato dalla lesione del diritto alla parità di trattamento, da stimare in via equitativa.

L’Università degli Studi di Firenze aveva ribattuto che, in seguito all’emanazione della legge n. 97 del 6.8.2013, la quale, intervenendo sull’art. 38 del D.lgs. n. 165/2001,  aveva  sancito l’apertura dei ruoli pubblici ai lavoratori extracomunitari, aveva tempestivamente adeguato il bando oggetto di contestazione, includendo negli avvisi di selezione pubblicati, tra i possibili partecipanti, anche gli appartenenti alle categorie espressamente contemplate dalla disposizione legislativa citata, ovvero:

a) cittadini non comunitari titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’art. 9 D.lgs. 286/1998;

b) titolari dello status di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale (D.lgs. 251/2007);

c) familiari dei cittadini dell’UE di cui al D.lgs. n. 30/2007.

Conseguentemente, secondo l’Università, la materia del contendere doveva ritenersi cessata.

 
La pronuncia del Tribunale
Il Tribunale ha innanzitutto premesso come, in sostanza, la domanda dell’associazione ricorrente attenesse alla sussistenza di una violazione del principio di parità di trattamento nell’accesso al pubblico impiego nei casi in cui (come per il bando in questione) la Pubblica Amministrazione escluda, per i cittadini stranieri, la possibilità di partecipare a bandi per posti e funzioni che non concernano attività implicanti l’esercizio di pubblici poteri, ovvero funzioni di interesse nazionale.

A detta del giudicante, tale accertamento si colloca su due distinti momenti temporali.

Il primo, antecedente alla modifica dell’art. 38 del D.lgs n.165/2001, si caratterizza per un quadro normativo complesso, nel quale l’Ateneo fiorentino ha ritenuto di aderire all’orientamento più restrittivo, escludendo la possibilità per ogni cittadino non avente cittadinanza nell’Unione Europea di accedere al pubblico impiego.

Dopo la novella legislativa, l’Ateneo fiorentino aveva infatti ampliato il novero dei soggetti ammessi ai bandi del concorso, attenendosi tuttavia strettamente al dato legislativo di cui alla disposizione citata. In tal modo aveva omesso di includere tra i soggetti ammessi due ulteriori categorie, seppur più circoscritte, di soggetti ed in particolare:

- i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia (che godono del medesimo status dei rifugiati ai sensi dell’art. 22 comma 2 d.lgs. 251/2007);

- i titolari di carta Blu UE (i quali, ai sensi dell’art. 27 quater comma 14 e 15, beneficiano di un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini, conformemente alla normativa vigente, ad eccezione dell’accesso al mercato del lavoro nei primi due anni e per i quali è comunque escluso l’accesso al lavoro unicamente se le attività dello stesso comportano, anche in via occasionale l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell’interesse nazionale).

Per il Tribunale, anche nei confronti questi ultimi soggetti deve essere riconosciuto il diritto di accedere ai concorsi per pubblico impiego, non solo perché la normativa nazionale sopra citata lo prevede, ma anche perché una diversa soluzione contrasterebbe sia con il principio di uguaglianza dettato dall’art. 3 della Costituzione, sia con gli artt. 2 e 3 del D.lgs. 286/1998, che costituiscono attuazione dalla Convenzione OIL n. 143/1975.

Ne deriva, a detta del giudicante, che qualsiasi esclusione da bandi di selezione delle due categorie sopra descritte, non giustificata dall’implicazione di pubblici poteri o dalla tutela dell’interesse nazionale, deve ritenersi discriminatoria.

La domanda dell’Associazione ASGI, relativa alla dichiarazione del carattere discriminatorio dell’avviso di selezione indetto dall’Università fiorentina, è stata dunque  accolta.

Il Tribunale ha però respinto la domanda relativa alla condanna a risarcire la ricorrente il danno non patrimoniale determinato dalla lesione del diritto alla parità di trattamento.

L’Associazione, infatti,  non aveva allegato elementi di fatto dai quali potesse desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio sofferto. Come costantemente sottolineato anche da pacifica giurisprudenza di legittimità, il danno non patrimoniale, perfino  nel caso in cui sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento (1): il che non è avvenuto nel presente caso.

Il Tribunale ha poi sottolineato l’esigenza di tenere conto del quadro normativo di riferimento, caratterizzato, soprattutto prima della modifica del citato art. 38, per la complessità e la non univocità delle soluzioni interpretative.

L’Ateneo fiorentino aveva scelto di  aderire all’interpretazione più restrittiva, sulla base del dato legislativo (in particolare, l’art. 2 del D.p.r. n. 487/1994), avallata dalla Corte Cassazione n. 24170/2006, nonché dal Parere del 2004 del Dipartimento della funzione pubblica, senza che tale scelta avesse implicato la sussistenza di una volontà di discriminare i cittadini extracomunitari.

L’assenza di una qualsiasi effettiva intenzione discriminatoria da parte dell’Università convenuta è desumibile, del resto, anche dal tempestivo adeguamento al nuovo dettato dell’art. 38 citato.

In base alle motivazioni sopra elencate, il Tribunale di Firenze, in accoglimento del ricorso, ha dichiarato  il carattere discriminatorio del bando di selezione proposto dall’Università degli Studi di Firenze per la mancata inclusione delle categorie previste in motivazione, ma ha, altresì, ritenuto infondata  la domanda di risarcimento del danno.

A causa della parziale soccombenza dell’Associazione ASGI ricorrente e la complessità e non univocità del quadro normativo ed interpretativo, il Tribunale ha disposto l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - cfr. Cass. civ., ord., Sentenza n. 21865/2013;

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