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giovedì 5 dicembre 2013

Quando il lavoratore in malattia può risultare assente alla visita fiscale


La malattia costituisce un’ipotesi legale di sospensione del rapporto di lavoro subordinato causata dall’impossibilità sopravvenuta della prestazione da parte del dipendente.

L’insorgenza della malattia determina una serie di precise conseguenze sia nei confronti dell’azienda che del lavoratore.

Se, ad esempio, il datore di lavoro ha l’obbligo di corrispondere ugualmente la retribuzione, oltre a garantire la sussistenza del rapporto  entro determinati limiti temporali, il lavoratore deve, invece,  attuare dei comportamenti che non pregiudichino o ritardino la guarigione e deve inoltre  consentire  (ai medici inviati direttamente dall’Inps o su richiesta dell’azienda) il controllo dello stato di malattia rendendosi reperibile presso il domicilio abituale o quello eletto per il periodo della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi, nelle seguenti fasce orarie: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.

Il mancato rispetto dell’obbligo di reperibilità comporta diverse conseguenze a carico del lavoratore, sia di natura contrattuale che strettamente economiche.

Sussistono però alcune condizioni particolari che possono giustificare l’assenza del lavoratore dal proprio domicilio negli orari preposti al controllo medico.

In particolare, l’Inps, nella circolare n.183 dell’8 agosto 1984,  ha elencato le seguenti ipotesi configuranti un  giustificato motivo di assenza:

-         forza maggiore;

-         situazioni che abbiano reso imprescindibile e indifferibile la presenza personale del lavoratore altrove;

-         concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici, quando si dimostri che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità.

Per quanto riguarda la seconda fattispecie indicata dall’Inps, la  Corte di Cassazione, nella sentenza n.21621/2010, ha chiarito che può costituire una giustificata causa di esonero dall’obbligo di reperibilità ogni serio e fondato motivo che possa rendere plausibile l’allontanamento del lavoratore dal proprio domicilio, non essendo necessaria, a differenza di quanto  asserito nella circolare previdenziale, l’assoluta indifferibilità della presenza del lavoratore altrove.

La pronuncia della Suprema Corte ha preso lo spunto dal licenziamento in tronco irrogato ad una dipendente in malattia per una sindrome ansioso depressiva  che in occasione del primo controllo del medico fiscale non era stata trovata in casa e che, nel persistere del lamentato stato morboso,  era stata vista in spiaggia per qualche ora.

Sia il  Tribunale di Taranto che la Corte di Appello avevano ritenuto illegittimo il recesso in quanto la sanzione espulsiva applicata dall’azienda, in entrambi i giudizi di merito, era stata ritenuta sproporzionata rispetto alla gravità della condotta contestata alla lavoratrice. In favore della dipendente i giudici ne avevano dunque disposto la reintegrazione nel posto di lavoro.

L'azienda aveva quindi  ricorso per la cassazione della sentenza di merito, sostenendo che in realtà la lavoratrice, assente nel proprio domicilio durante la visita di controllo, non aveva provato che la visita specialistica a cui si era sottoposta in concomitanza con le fasce orarie di reperibilità non fosse indifferibile.

Nel respingere il ricorso del datore di lavoro, la Corte di Cassazione ha dapprima affermato, in via generale, che per giustificare il mancato rispetto dell'obbligo di reperibilità in determinati orari non è richiesta l'assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, ma è sufficiente un serio e fondato motivo che giustifichi l'allontanamento dal proprio domicilio.

Quanto al caso di specie, la Suprema Corte, in relazione alla breve esposizione al sole da parte della lavoratrice, ha ritenuto che tale condotta non poteva pregiudicarne o ritardarne la  guarigione e, pertanto, doveva ritenersi legittima.

A rafforzare l’illegittimità del recesso la Cassazione ha infine osservato che a carico della lavoratrice, nell'intero arco di 17 anni di carriera lavorativa alle dipendenze della società, non sussistevano altri precedenti addebiti di natura disciplinare.

Valerio Pollastrini

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