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giovedì 5 dicembre 2013

Punibile per estorsione il datore che, sotto la minaccia del licenziamento, obblighi i dipendenti ad accettare compensi inferiori


Risulta ormai consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che esclude ogni riconducibilità alla normale dinamica dei rapporti di lavoro all'attività minatoria, in danno di lavoratori dipendenti, che approfitti delle difficoltà economiche o della situazione precaria del mercato del lavoro per ottenere il loro consenso a subire condizioni di lavoro deteriori rispetto a quelle previste dall'ordinamento giuridico.

Conforme a questo orientamento si segnala la sentenza n.32525 del 31 agosto 2010 con la quale la Corte di Cassazione ha sancito la sussistenza del reato di estorsione a carico dell’imprenditore che minacci di licenziare i dipendenti che si rifiutino di accettare un compenso inferiore rispetto a quello indicato in busta paga.

La minaccia, infatti, quale elemento costitutivo del reato di estorsione, non deve necessariamente essere ricondotta alla prospettazione di un male irreparabile alle persone o alle cose tale da impedire alla persona offesa di operare una libera scelta A detta della Suprema Corte il reato può dirsi, altresì, configurato anche quando, in relazione alle circostanze concrete nelle quali l’intimidazione viene posta in essere, questa sia comunque idonea a far sorgere il timore di subire un concreto pregiudizio.

Valerio Pollastrini

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