La Corte di Cassazione, nella sentenza n.27812 del 12 dicembre 2013, ha
chiarito che, a decorrere dalle domande presentate successivamente al 28 giugno
2013, nonché per tutte le domande giudiziarie non ancora definite, i limiti economici
richiesti per l’erogazione della pensione di inabilità debbono essere verificati tenendo conto esclusivamente
dei redditi del soggetto richiedente e non anche di quelli del coniuge.
L’intervento della Suprema Corte era stato richiesto dall’Inps dopo che la
Corte di Appello di Messina, confermando quanto disposto nel primo grado di
giudizio, aveva accolto la doglianza di una signora tesa ad ottenere la
pensione di inabilità a decorrere dal dicembre 2006, in considerazione dei soli
redditi personali, con esclusione di quelli percepiti dal coniuge.
La pronuncia della
Cassazione
La Suprema Corte ha preliminarmente
riepilogato la normativa di riferimento, ricordando come, fino all’entrata in vigore
del D.L. n. 76/2013, ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito
reddituale per l’assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili
assoluti, assumeva rilievo non
solamente il reddito personale dell’invalido ma anche quello del suo eventuale
coniuge. Di conseguenza, il beneficio doveva essere negato nel caso in
cui la sommatoria di tali redditi risultasse superiore al limite richiesto per
legge.
Il comma 5 dell’articolo 10 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, aveva però modificato l’art. 14-septies del decreto-legge
30 dicembre 1979, n. 663, inserendo un’ ulteriore disposizione nella quale veniva specificato che il limite di reddito per il diritto alla
pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili dovesse essere
calcolato tenendo conto esclusivamente
del reddito dei singoli richiedenti, con esclusione, quindi, di quanto percepito da altri componenti del nucleo familiare
dei soggetti interessati.
Per la Cassazione, tale modifica legislativa risulta applicabile anche per le pensioni di inabilità. Il successivo comma 6
della norma sopra citata, aveva infatti specificato che la novità dovesse
trovare applicazione anche alle domande di pensione di inabilità limitatamente al riconoscimento del diritto
a pensione con decorrenza dal 28 giugno 2013 (1), senza il pagamento di importi arretrati.
La Suprema Corte ha affermato che il legislatore, attraverso un simile
provvedimento abbia voluto definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia,
pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che, avendo presentato domanda
nella vigenza della precedente normativa, non avessero ancora visto la
definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un
procedimento giudiziario ancora in essere.
Tornando al caso di specie, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Inps ed ha rinviato la
questione alla Corte di Appello di Messina che, in diversa composizione, dovrà
accertare il possesso dei requisiti reddituali della richiedente, nei termini
sopra esposti, in relazione al periodo antecedente e successivo al 28 giugno
2013.
Valerio Pollastrini
(1) – data di entrata in
vigore del D.L. 28 giugno 2013, n. 76;
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