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lunedì 9 dicembre 2013

Nel corso del primo anno di nozze il divieto di licenziamento sussiste anche in caso di esternalizzazione


L’articolo 1 della legge n.7 del 1963 sancisce la nullità di ogni clausola contrattuale che preveda la risoluzione  del  rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio. Del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio.

La norma dispone, inoltre, la presunzione che il licenziamento irrogato alla lavoratrice nel periodo intercorrente  dal  giorno  della  richiesta  delle  pubblicazioni di matrimonio fino ad un anno dopo la celebrazione stessa, sia disposto per causa di matrimonio e pertanto deve considerarsi  nullo.

Nella sentenza n.27055 del 2 dicembre 2013 la Corte di Cassazione ha chiarito che il divieto di licenziamento nei confronti delle lavoratrici sposate fino all’anno successivo alle nozze sussiste anche nel caso di esternalizzazione da parte del datore di lavoro dei servizi nei quali la lavoratrice appena sposata risulta occupata.

Il caso di specie è quello di un'azienda che riteneva legittimo il licenziamento di una lavoratrice addetta al centralino, irrogato durante il primo anno del suo matrimonio, in quanto, a causa di una ristrutturazione organizzativa con relativo ridimensionamento dell'organico, il servizio di centralino era stato appaltato ad una ditta esterna e dunque lo specifico posto di lavoro  non esisteva più.

Al riguardo la Suprema Corte ha posto l’accento sulla perentorietà del termine utilizzato nella norma di riferimento, in virtù  del quale ogni recesso intimato nell’arco temporale indicato deve ritenersi nullo.

La Cassazione ha escluso quindi ogni diversa interpretazione poiché, oltre a contrastare la formulazione letterale della norma, agevolerebbe inevitabili abusi nei confronti dei soggetti che l’ordinamento ha inteso tutelare.

La Corte, dopo aver equiparato la norma in commento con le disposizioni poste a tutela delle lavoratrici madri, ha chiarito che si tratta di provvedimenti legislativi che, nel loro insieme, tendono a rafforzare la tutela della lavoratrice in momenti di passaggio esistenziale particolarmente importanti e da salvaguardare attraverso una più rigorosa disciplina limitativa dei licenziamenti.

Un simile insieme di leggi ha lo scopo di sgravare la lavoratrice dall'onere della prova di una discriminazione, addossando al datore di lavoro l'onere di allegare e documentare l'esistenza di una legittima causa di scioglimento del rapporto.

Con questo verdetto la Cassazione, nel respingere  il ricorso dell'azienda, con conseguente dichiarazione di illegittimità del recesso, ha ricordato che la deroga al divieto di licenziare una lavoratrice nel corso del primo anno di matrimonio è ammessa solo in caso di cessazione dell'attività dell'azienda.


Valerio Pollastrini

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