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domenica 1 dicembre 2013

Motivazioni del trasferimento del dipendente


Con la sentenza n.24260 del 28 ottobre 2013 la Corte di Cassazione ha ricordato che la tardiva risposta dell’azienda alla richiesta delle motivazioni del trasferimento formulata dal dipendente determina l’inefficacia del provvedimento.

Il caso  è quello di una società appaltatrice di servizi di pulizie che a causa di problematiche insorte con una dipendente ne aveva disposto il trasferimento presso altri due appalti, fermo restando l’orario contrattuale di ore 5,30.

La lavoratrice aveva formulato espressa richiesta dei motivi del  provvedimento e non si era presentata sui nuovi luoghi di lavoro.

Il datore di lavoro aveva successivamente giustificato il trasferimento con il pericolo di perdere l’appalto per gli inconvenienti determinati dalla condotta della dipendente.

La mancata presenza della lavoratrice presso i nuovi appalti ai quali era stata destinata  aveva indotto la società a contestarle l’assenza ingiustificata  e, conseguentemente ad intimarle il licenziamento per giusta causa.

Il Tribunale di Roma aveva ritenuto illegittimo il recesso

Tale decisione era stata però riformata dalla Corte di Appello di Roma che aveva accolto le richieste del datore di lavoro, rigettando integralmente l’originaria domanda.

La Corte territoriale aveva motivato la propria decisione in base alla considerazione che il trasferimento fosse riconducibile a ragioni di ordine tecnico organizzativo e produttivo ai sensi dell’art. 2103 cod. civ. e non aveva pertanto carattere disciplinare come ritenuto dal primo giudice. Per tale ragione, a detta della Corte di Appello, non trovavano applicazione le garanzie sostanziali e procedimentali previste dall’art. 7 dello Statuto dei  lavoratori.

I fatti avevano evidenziato che la condotta della lavoratrice avesse oggettivamente comportato un’apprezzabile disorganizzazione e disfunzione del lavoro; l’adozione del provvedimento di trasferimento da parte della società datrice non appariva pertanto irragionevole, tenuto conto che comunque i due appalti ai quali era stata destinata la dipendente si trovavano nel medesimo Comune del precedente e che erano rimasti invariati le mansioni e l’orario di lavoro.

La mancata prestazione dell’attività lavorativa da parte della dipendente, reiteratamente quanto inutilmente contestata alla medesima, costituiva, pertanto, assenza ingiustificata e rendeva legittimo il licenziamento disciplinare per giusta causa.

A questo punto la lavoratrice aveva ricorso per la cassazione della decisione di Appello, lamentando  la violazione dell’art. 2 L. n. 604 del 1966,  norma sui licenziamenti per giustificato motivo oggettivo analogicamente applicabile anche all’ipotesi di trasferimento, poiché la sentenza impugnata aveva omesso di considerare la circostanza decisiva rappresentata dalla avvenuta comunicazione dei motivi del trasferimento oltre il termine di 7 giorni dalla richiesta.

La pronuncia della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondate le doglianze della lavoratrice.

La Suprema Corte, in particolare, ha censurato,  la pronuncia del giudice territoriale per non aver considerato la tardività con la quale la società aveva risposto alla richiesta della lavoratrice di conoscere i motivi del trasferimento.

La Cassazione ha ricordato il proprio consolidato orientamento in base al quale, ai fini dell'efficacia del provvedimento di trasferimento del lavoratore, non è necessario che vengano contestualmente enunciate le ragioni del trasferimento stesso, atteso che l'art. 2103 cod. civ., nella parte in cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e produttive del provvedimento suddetto siano comprovate, richiede soltanto che tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro fornisca la prova.

L'onere dell'indicazione delle ragioni del trasferimento, che in caso di mancato adempimento determina l'inefficacia sopravvenuta del provvedimento, sorge a carico del datore di lavoro soltanto nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta - dovendosi applicare per analogia la disposizione di cui all'art. 2 della legge n. 604 del 1966 sul licenziamento (1).

In conclusione, la Suprema Corte ha ritenuto che, in ragione dell’applicazione analogica della richiamata disciplina in tema di licenziamento, ove accertata l’inosservanza del termine per la comunicazione dei motivi del trasferimento, lo stesso deve considerarsi illegittimo. In conseguenza, anche la condotta della lavoratrice, ritenuta dalla sentenza impugnata integrante la giusta causa di licenziamento, deve essere riesaminata alla luce di tale accertamento.

Per tale motivazione la Corte di Cassazione ha disposto il rinvio della causa alla Corre di Appello di Roma che, in diversa composizione, dovrà accertare la tempestività della comunicazione dei motivi del trasferimento e, alla luce degli esiti di questa analisi, dovrà riesaminare la condotta della lavoratrice sulla quale è stato fondato il licenziamento disciplinare. 

Valerio Pollastrini

 

(1)   -  Cass. n. 8628 del 2004, n. 1912 del 1998;

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