Con la sentenza n.24260 del 28 ottobre
2013 la Corte di Cassazione ha ricordato che la tardiva risposta dell’azienda
alla richiesta delle motivazioni del trasferimento formulata dal dipendente determina l’inefficacia
del provvedimento.
Il caso è quello di una società appaltatrice di
servizi di pulizie che a causa di problematiche insorte con una dipendente ne aveva
disposto il trasferimento presso altri due appalti, fermo restando l’orario
contrattuale di ore 5,30.
La lavoratrice aveva formulato espressa
richiesta dei motivi del provvedimento e
non si era presentata sui nuovi luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro aveva successivamente
giustificato il trasferimento con il pericolo di perdere l’appalto per gli
inconvenienti determinati dalla condotta della dipendente.
La mancata presenza della lavoratrice
presso i nuovi appalti ai quali era stata destinata aveva indotto la società a contestarle l’assenza
ingiustificata e, conseguentemente ad intimarle
il licenziamento per giusta causa.
Il Tribunale di Roma aveva ritenuto illegittimo
il recesso
Tale decisione era stata però riformata
dalla Corte di Appello di Roma che aveva accolto le richieste del datore di
lavoro, rigettando integralmente l’originaria domanda.
La Corte territoriale aveva motivato la
propria decisione in base alla considerazione che il trasferimento fosse
riconducibile a ragioni di ordine tecnico organizzativo e produttivo ai sensi
dell’art. 2103 cod. civ. e non aveva pertanto carattere disciplinare come
ritenuto dal primo giudice. Per tale ragione, a detta della Corte di Appello, non
trovavano applicazione le garanzie sostanziali e procedimentali previste
dall’art. 7 dello Statuto dei
lavoratori.
I fatti avevano evidenziato che la
condotta della lavoratrice avesse oggettivamente comportato un’apprezzabile
disorganizzazione e disfunzione del lavoro; l’adozione del provvedimento di
trasferimento da parte della società datrice non appariva pertanto
irragionevole, tenuto conto che comunque i due appalti ai quali era stata
destinata la dipendente si trovavano nel medesimo Comune del precedente e che
erano rimasti invariati le mansioni e l’orario di lavoro.
La mancata prestazione dell’attività
lavorativa da parte della dipendente, reiteratamente quanto inutilmente
contestata alla medesima, costituiva, pertanto, assenza ingiustificata e
rendeva legittimo il licenziamento disciplinare per giusta causa.
A questo punto la lavoratrice aveva
ricorso per la cassazione della decisione di Appello, lamentando la violazione dell’art. 2 L. n. 604 del 1966, norma sui licenziamenti per giustificato
motivo oggettivo analogicamente applicabile anche all’ipotesi di trasferimento,
poiché la sentenza impugnata aveva omesso di considerare la circostanza
decisiva rappresentata dalla avvenuta comunicazione dei motivi del
trasferimento oltre il termine di 7 giorni dalla richiesta.
La
pronuncia della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto
fondate le doglianze della lavoratrice.
La Suprema Corte, in particolare, ha censurato,
la pronuncia del giudice territoriale
per non aver considerato la tardività con la quale la società aveva risposto alla
richiesta della lavoratrice di conoscere i motivi del trasferimento.
La Cassazione ha ricordato il proprio consolidato
orientamento in base al quale, ai fini dell'efficacia del provvedimento di
trasferimento del lavoratore, non è necessario che vengano contestualmente
enunciate le ragioni del trasferimento stesso, atteso che l'art. 2103 cod.
civ., nella parte in cui dispone che le ragioni tecniche, organizzative e
produttive del provvedimento suddetto siano comprovate, richiede soltanto che
tali ragioni, ove contestate, risultino effettive e di esse il datore di lavoro
fornisca la prova.
L'onere dell'indicazione delle ragioni
del trasferimento, che in caso di mancato adempimento determina l'inefficacia
sopravvenuta del provvedimento, sorge a carico del datore di lavoro soltanto
nel caso in cui il lavoratore ne faccia richiesta - dovendosi applicare per
analogia la disposizione di cui all'art. 2 della legge n. 604 del 1966 sul
licenziamento (1).
In conclusione, la Suprema Corte ha
ritenuto che, in ragione dell’applicazione analogica della richiamata
disciplina in tema di licenziamento, ove accertata l’inosservanza del termine
per la comunicazione dei motivi del trasferimento, lo stesso deve considerarsi
illegittimo. In conseguenza, anche la condotta della lavoratrice, ritenuta dalla
sentenza impugnata integrante la giusta causa di licenziamento, deve essere
riesaminata alla luce di tale accertamento.
Per tale motivazione la Corte di
Cassazione ha disposto il rinvio della causa alla Corre di Appello di Roma che,
in diversa composizione, dovrà accertare la tempestività della comunicazione
dei motivi del trasferimento e, alla luce degli esiti di questa analisi, dovrà riesaminare
la condotta della lavoratrice sulla quale è stato fondato il licenziamento
disciplinare.
Valerio Pollastrini
(1) -
Cass. n. 8628 del 2004, n. 1912 del
1998;
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