Nella sentenza n.26397 del 26 novembre 2013 la Corte di Cassazione
ha ritenuto illegittimo il licenziamento irrogato dalla Bristol Myers Squibb di Roma ad un
dipendente che, utilizzando il pc dell’ufficio, aveva scaricato da “eMule” alcuni programmi per fini personali, senza che
l’azienda l’avesse preventivamente autorizzato ad installare il software.
Secondo la tesi datoriale, la condotta del lavoratore, perpetrata
in aperta violazione della policy aziendale e del codice di comportamento
interno, aveva inoltre posto in pericolo la riservatezza dell’azienda.
Al termine dei due gradi di giudizio di merito il recesso era stato dichiarato illegittimo e,
conseguentemente, il lavoratore era stato reintegrato in azienda.
La società aveva quindi ricorso in Cassazione, sostenendo che
l’installazione e l’utilizzo di “eMule” sul pc aziendale avesse leso
irreparabilmente l’elemento fiduciario alla base del rapporto di lavoro.
La Suprema Corte ha però confermato quanto già disposto dal
giudice d’appello, ritenendo che, nel caso di specie, la condotta del
dipendente non fosse di una gravità tale da giustificare l’adozione della
sanzione espulsiva.
Valerio Pollastrini
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