Nella sentenza n.27057 del 3 dicembre 2013 la Corte di
Cassazione è stata chiamata a stabilire se il datore di lavoro abbia la possibilità di
interrompere le ferie dei dipendenti, richiamandoli a lavoro per ragioni di servizio.
Nel caso di specie il Comune di Revere aveva
richiamato in servizio un dipendente
assente per ferie, attraverso una
comunicazione indirizzata presso l’abituale domicilio del lavoratore.
Trovandosi in altra località, il dipendente non aveva
però ricevuto l’ordine di rientro e,
conseguentemente, non si era presentato al lavoro nella data pretesa dal
datore.
L’assenza era
stata ritenuta ingiustificata dal Comune che, per tale motivo, aveva disposto
il licenziamento del lavoratore, sostenendo che il contratto collettivo di
riferimento prevede la possibilità di sospendere le ferie per ragioni di
servizio e che, da tale disposizione, è possibile desumere l’obbligo del
lavoratore di comunicare all’amministrazione
la dimora scelta per il godimento delle ferie al fine di consentire l’invio del
possibile ordine di rientro.
Il dipendente si era quindi rivolto al Tribunale di
Mantova per chiedere l’annullamento del licenziamento, sostenendo di essersi
legittimamente allontanato dal proprio domicilio per godere del periodo feriale
concessogli.
Il Tribunale aveva accolto le richieste del ricorrente
ed aveva annullato il licenziamento, escludendo, in particolare, che il lavoratore avesse un obbligo di reperibilità
durante le ferie, salvo in caso di interruzione delle stesse per malattia.
Questa decisione era stata successivamente confermata dalla
Corte di Appello di Brescia.
Contro la sentenza della Corte territoriale il Comune
aveva proposto ricorso per cassazione.
La pronuncia
della Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando
l’illegittimità del recesso.
Per la Cassazione il datore di lavoro ha il diritto di
conoscere il domicilio del lavoratore per poter inviare delle comunicazioni al
dipendente solamente nel corso del rapporto e non durante il legittimo
godimento delle ferie.
Il lavoratore è infatti libero di godere del periodo
di riposo secondo le modalità e nelle località che ritenga più congeniali al
recupero delle sue energie psicofisiche.
Costringere il lavoratore a far conoscere al datore di
lavoro i luoghi e tempi dei suoi spostamenti, oltre ad una inammissibile e
gravosa attività di comunicazione formale, magari giornaliera, dei suoi
spostamenti, sarebbe contrario alla natura costituzionalmente rilevante del diritto
al riposo e lesiva, altresì, delle esigenze di privacy.
Per motivare la propria decisione la Corte ha
analizzato la normativa contrattuale applicata al caso di
specie che, a proposito della sospensione del periodo feriale, dispone che, nel caso in cui le ferie siano interrotte
per motivi di servizio, il dipendente
ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in
sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie, nonché
all'indennità di missione per la durata del medesimo viaggio; il dipendente ha inoltre diritto al rimborso
delle spese anticipate per il periodo di ferie non goduto.
Oltre alla possibile
sospensione del periodo di riposo per cause di servizio, la stessa disposizione
contrattuale prevede, inoltre, che le ferie possono essere sospese da malattie,
adeguatamente e debitamente documentate, che si siano protratte per più di 3
giorni o abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero. In questo caso, l'amministrazione
deve essere stata posta in grado di accertare la sussistenza della malattia
attraverso la tempestiva informazione da parte del lavoratore.
Dall’analisi della normativa contrattuale la
Cassazione non ha riscontrato alcun potere totalmente discrezionale del datore
di lavoro di interrompere o sospendere il periodo feriale già in godimento,
risultando allo scopo insufficiente la generica locuzione "Qualora le
ferie già in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio"
che, di per sé, non chiarisce le modalità con cui l'interruzione o la
sospensione possa essere adottata e debba essere comunicata.
La Suprema Corte ha ricordato che, nonostante la
giurisprudenza di legittimità (1) abbia affermato
il diritto del datore di lavoro di modificare il periodo feriale, anche
soltanto per una riconsiderazione delle esigenze aziendali, ha, nel contempo,
ritenuto che le modifiche debbano essere comunicate al lavoratore con congruo
preavviso.
In base al richiamato principio, per l’interruzione
del periodo feriale, è richiesta una comunicazione tempestiva ed efficace,
idonea cioè ad essere conosciuta dal lavoratore prima dell'inizio del godimento
delle ferie, tenendo conto che il lavoratore non è tenuto, salvo patti
contrari, ad essere reperibile durante il godimento delle ferie (2).
In conclusione, la Corte di Cassazione ha ribadito la totale libertà del lavoratore di
scegliere le modalità e la località per il godimento delle ferie.
Salvo specifici accordi individuali o collettivi, l’istituto
della “reperibilità” può riguardare quindi il lavoratore solo durante il
servizio e non nell’arco temporale di effettiva fruizione delle ferie.
Valerio Pollastrini
(1)
- Cass., sentenza n. 1557\2000;
(2)
- salvo il diverso caso di malattia insorta nel periodo
feriale, al fine di sospenderne il decorso e consentire al datore di lavoro i
controlli sanitari: Cass., sentenza n. 12406\1999;
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