Nella sentenza n.19425
del 22 agosto 2013 la Corte di Cassazione ha chiarito che il trasferimento del
dipendente per incompatibilità ambientale non rientra tra le ragioni punitive e disciplinari.
Là dove trovi la sua
ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell'unità produttiva,
il trasferimento va altresì ricondotto alle
esigenze tecniche, organizzative e produttive, di cui all'art. 2103 cod. civ.
La legittimità del
provvedimento datoriale di trasferimento, in tal caso, prescinde dalla colpa dei lavoratori trasferiti, come
dall'osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che
sia stabilita per le sanzioni disciplinari.
La Suprema Corte
chiarisce che, in simili circostanze, il controllo giurisdizionale sulle
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il
trasferimento del lavoratore subordinato deve essere finalizzato all’accertamento di
una corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche
dell'impresa.
Si tratta di un controllo che non può essere esteso al merito
della scelta imprenditoriale, essendo sufficiente che il trasferimento concretizzi
una tra le scelte ragionevoli che il datore di lavoro possa adottare sul piano
tecnico, organizzativo o produttivo.
La riscontrata incompatibilità
fra il lavoratore trasferito ed i suoi colleghi e collaboratori diretti rientra
dunque tra le suddette comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive
se una simile situazione determini conseguenze, quali tensione nei rapporti
personali o contrasti nell'ambiente di lavoro, che costituiscono una causa di disorganizzazione e
disfunzione nell'unità produttiva, conclamando l'obiettiva esigenza aziendale
di modifica del luogo di lavoro.
Valerio Pollastrini
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