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giovedì 14 novembre 2013

La possibilità del lavoratore distaccato all’estero di rientrare in Italia dipende dalla verifica delle clausole contrattuali


A proposito dei “gruppi di imprese” la Cassazione, nella sentenza n.24770 del 5 novembre 2013, ha stabilito che le diverse società, pur se collegate, sul piano giuridico restano due soggetti distinti. Nessuna di esse, pertanto, può essere chiamata a rispondere delle obbligazioni assunte distintamente dall'una o dall'altra.

Il caso è quello del manager di una società collegata con sede in Italia che aveva pattuito con la stessa un "distacco" all'estero per poi contrarre con la società ospitante una distinta obbligazione di rientro in Italia presso altra sede.

Dopo qualche anno, tuttavia, il lavoratore aveva rassegnato le proprie dimissioni volontarie, con l’intenzione però a riprendere servizio in Italia.

La Suprema Corte è stata chiamata a stabilire se  il lavoratore  dimissionario dalla società estera potesse pretendere la riattivazione del rapporto lavorativo presso la società italiana d'origine.

Tale diritto, per la Cassazione, sarebbe stato sussistente nel caso in cui il rapporto di lavoro con la società estera non fosse cessato per cause imputabili al manager, come le dimissioni volontarie.

La Suprema Corte ha chiarito  che nel caso in cui le parti abbiano pattuito un distacco del lavoratore, in base al quale, fermo il perdurare del vincolo con il datore di lavoro originario,  sorga un distinto rapporto con altro imprenditore, anche all'estero, con sospensione del rapporto originario, i due rapporti restano separati, anche se le due società sono gestite da società collegate, con conseguente non imputabilità alla società distaccante, se non diversamente pattuito, delle obbligazioni relative al secondo rapporto.

In condizioni normali, il rientro sarebbe stato dunque possibile; ma l'inserimento di detta clausola contrattuale, accettata dal lavoratore, ha impedito che tale circostanza si verificasse.

Il ritorno del manager dall'estero sarebbe stato possibile previa intesa con la società ospitante, con ulteriore clausola di cui sopra (perdurare del rapporto di lavoro con la società straniera). Per questo motivo la Corte ha chiarito che il lavoratore dimissionario non ha alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la società d'origine, né ad un congruo risarcimento del danno.

Valerio Pollastrini

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