Ogni normativa che, nei
concorsi per l'assunzione, stabilisca una limitazione di natura fisica per l'accesso
alla selezione deve rispondere ad un criterio di ragionevolezza, sia per i
concorsi pubblici, stante i principi costituzionali di non discriminazione per
diversità fisiche e di imparzialità della pubblica amministrazione, sia nel
settore privato, in cui i criteri di selezione devono rispondere ai principi di
correttezza e buona fede.
Questo, in sostanza, il
principio applicato nella sentenza n.25734 del 15 novembre 2013 con la quale la
Corte di Cassazione ha sancito il
diritto di una lavoratrice a svolgere le mansioni di capo-treno, nonostante
fosse stata ritenuta inadeguata a causa della sua bassa statura.
Il caso in questione è
quello che ha riguardato una donna che, dopo aver superato positivamente la
selezione per essere assunta con le mansioni di capo-treno, era stata
successivamente giudicata inidonea da Trenitalia perché di statura inferiore ad
un metro e sessanta.
Ribaltando il verdetto
del Tribunale, la Corte di Appello di Roma, oltre a riconoscere il diritto
della donna ad essere assunta nelle
mansioni sopra indicate, aveva stabilito in suo favore un risarcimento economico
per il danno subito.
La Corte territoriale
aveva motivato la propria decisione in base all’assunto che la normativa
applicata da Trenitalia, nel disporre un requisito di statura minima unico ed
indifferenziato per uomini e donne, violasse gli articoli 3 e 37 della Costituzione, realizzando
una discriminazione indiretta ai danni dei candidati di sesso femminile.
La Corte di Cassazione,
investita della questione, ha confermato quanto disposto nella sentenza di
Appello, condividendo il percorso motivazionale seguito dalla Corte di merito.
Valerio Pollastrini
Nessun commento:
Posta un commento