Nella sentenza n.8861 dell’11 aprile 2013 la Corte di Cassazione ha affrontato
la questione della supposta responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio
accaduto al lavoratore che abbia omesso di utilizzare i dispositivi di
protezione forniti dall’azienda.
Il fatto
Il caso è quello
di un dipendente che in seguito ad infortunio sul lavoro aveva riportato
postumi invalidanti nella misura del 20%.
Il sinistro si
era verificato mentre il lavoratore stava effettuando una trapanazione
all'interno di un container. La punta del trapano utilizzato si era rotta ed
una scheggia di metallo aveva colpito l'occhio del dipendente.
La sentenza di
primo grado aveva respinto la richiesta di risarcimento danni che il lavoratore
aveva presentato nei confronti del datore di lavoro.
La Corte di
Appello di Perugia, successivamente adita, confermava quanto disposto dal tribunale di merito,
rilevando che l'INAIL avesse risarcito il
danno patrimoniale.
Per la Corte di
Appello la responsabilità dell’infortunio doveva essere ricondotta al
comportamento del lavoratore che non aveva rispettato la prescrizione di
sicurezza relativa all'uso degli occhiali, non indossati nel corso
dell'espletamento dell'intera attività lavorativa, nonostante gli fosse stato
fornito un kit che li conteneva.
In modo
particolare era stato evidenziato che all’inizio della lavorazione il
lavoratore avesse inforcato gli occhiali e ciò escludeva ogni responsabilità
datoriale, reputandosi non ragionevole
pretendere che la vigilanza datoriale dovesse estendersi all'accertamento
costante sul rispetto delle disposizioni
in tema di sicurezza sul lavoro.
Il lavoratore
aveva quindi ricorso per la cassazione del giudizio merito, denunciando la
violazione dell’art.4 del D.Lgs
n.547/1955 che prevede, tra gli ulteriori obblighi del datore, quello di
disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed
usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione. Inoltre, nella
controversia in commento, era emerso che il dipendente, assunto con contratto
di formazione e lavoro e quindi privo di esperienza, non fosse addetto normalmente
alla mansione svolta al momento dell'infortunio e non era stato adeguatamente
formato alla stessa.
Il ricorrente sottolineava,
altresì, la natura di norma di chiusura del sistema dell'art. 2087 c.c.
operante anche in presenza di comportamento imprudente del lavoratore, chiedendo
alla Suprema Corte se il datore sia
tenuto a vigilare sul rispetto da parte del lavoratore di tutte le norme
antinfortunistiche e sull'utilizzo di tutti i dispositivi di sicurezza per la
tutela dell'incolumità fisica, rispondendo dei danni subiti in ipotesi di
mancata osservanza delle prescrizioni.
Il lavoratore
sosteneva, infine, che spettasse al datore di lavoro l’obbligo di informazione,
nonché quello di formazione, e che,
nella specie, non era stata fornita la prova dell'avvenuta partecipazione del
dipendente ai corsi a tal fine organizzati, essendo, anzi, risultato che la firma
di presenza apposta nell'attestato di partecipazione al corso di formazione non
apparteneva al lavoratore.
La
pronuncia della Cassazione
Nel respingere
il ricorso la Cassazione ha precisato
che la Corte territoriale aveva accertato che il lavoratore era stato adeguatamente
istruito sull’attività svolta al momento dell’infortunio e che allo stesso era
stato consegnato un kit che conteneva, tra l'altro, guanti ed occhiali,
indispensabili anche durante le
operazioni di verniciatura.
Le prove testimoniali
avevano poi attestato che il giorno dell’infortunio il lavoratore aveva indossato gli occhiali
protettivi all’inizio della lavorazione.
Per la
Cassazione la pronuncia di appello risulta immune da vizi logici nella parte in
cui ha ritenuto che il datore di lavoro non è responsabile dell'infortunio
occorso al lavoratore per aver omesso di controllare e vigilare che tali misure
fossero state effettivamente usate dal dipendente, in quanto, pur non assumendo
valore esimente per l'imprenditore l'eventuale concorso di colpa del
lavoratore, può configurarsi un esonero da responsabilità dell’azienda quando
il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità e dell'assoluta
inopinabilità.
La Suprema Corte
ha ricordato che l'eventuale colpa del lavoratore, dovuta ad imprudenza,
negligenza o imperizia, non elimina quella del datore di lavoro, sul quale
incombe l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il
danno, non essendo sufficiente un semplice concorso di colpa del lavoratore per
interrompere il nesso di causalità.
Tuttavia, nel
caso di specie, la Corte di Appello aveva correttamente valutato che la
condotta del lavoratore era configurabile come imprevedibile e assolutamente
anomala. Il ricorrente, infatti, stava eseguendo le ordinarie mansioni assegnategli,
munito delle protezioni prescritte, allorché, inopinatamente, appena sfuggito
alla sorveglianza del capo officina, si era tolto gli occhiali.
La pronuncia
appellata risulta corretta anche nel rispetto dei principi costantemente
enunciati dalla Corte di legittimità (1) volti ad escludere la responsabilità
del datore nel sinistro, dal momento che lo stesso aveva provveduto a fornire,
a mezzo dei suoi preposti, i necessari mezzi di protezione, ad impartire istruzioni
sull'uso degli stessi e a vigilare sul rispetto delle istruzioni impartite
nonché sull'uso degli occhiali di protezione durante la lavorazione e che,
rispetto al puntuale assolvimento di tutti questi obblighi, la condotta del
lavoratore aveva assunto il carattere dell'assoluta imprevedibilità.
Gli ermellini hanno
osservato che, se pure è principio pacifico che il dovere di sicurezza a carico del datore
di lavoro a norma dell'art. 2087 cod. civ. si atteggia in maniera particolarmente
intensa nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente
inesperti, esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge
pone precisi obblighi di formazione e addestramento (2), le
considerazioni che precedono si rivelano assorbenti, attesa la connotazione di
imprevedibilità del contegno tenuto nel caso in commento dal lavoratore.
Infine, e con
riguardo specificamente ai rilievi formulati sulla mancata formazione del
dipendente, la Corte ha giudicato
assolto l'obbligo formativo e informativo, indipendentemente ed al di là della
partecipazione del lavoratore al corso di formazione in relazione al cui
attestato erano emerse perplessità in ordine all'autenticità della firma
apposta dal lavoratore.
Alla stregua delle
richiamate considerazioni, la Corte, nel rigettare il ricorso, ha disposto per
la compensazione tra le parti delle spese di lite del giudizio di legittimità
in relazione alla difficoltà di ricostruzione della fattispecie ed alla
peculiarità della stessa.
Valerio
Pollastrini
(1) -
v. Cass. 8 marzo 2006 n. 4980; Cass. 23aprile 2009 n. 9689, Cass. 10.9.2009 n.
19494; Cass. 25.2.2011 n. 4656 e, da ultimo, Cass. 10 gennaio 2013 n. 536;
(2) - cfr. Cass. 18 maggio 2007 n. 11622; Cass. 24
gennaio 2012 n. 944 e, in precedenza, Cass. 12 gennaio 2002 n. 326; Cass. 2
ottobre 1998 n. 9805;
Nessun commento:
Posta un commento