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lunedì 4 novembre 2013

Infortunio sul lavoro e mancato utilizzo dei dispositivi di protezione forniti dall’azienda


Nella sentenza n.8861 dell’11 aprile 2013 la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della supposta responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio accaduto al lavoratore che abbia omesso di utilizzare i dispositivi di protezione forniti dall’azienda.

Il fatto
Il caso è quello di un dipendente che in seguito ad infortunio sul lavoro aveva riportato postumi invalidanti nella misura del 20%.

Il sinistro si era verificato mentre il lavoratore stava effettuando una trapanazione all'interno di un container. La punta del trapano utilizzato si era rotta ed una scheggia di metallo aveva colpito l'occhio del dipendente.

La sentenza di primo grado aveva respinto la richiesta di risarcimento danni che il lavoratore aveva presentato nei confronti del datore di lavoro.

La Corte di Appello di Perugia, successivamente adita, confermava  quanto disposto dal tribunale di merito, rilevando che  l'INAIL avesse risarcito il danno patrimoniale.

Per la Corte di Appello la responsabilità dell’infortunio doveva essere ricondotta al comportamento del lavoratore che non aveva rispettato la prescrizione di sicurezza relativa all'uso degli occhiali, non indossati nel corso dell'espletamento dell'intera attività lavorativa, nonostante gli fosse stato fornito un kit che li conteneva.

In modo particolare era stato evidenziato che all’inizio della lavorazione il lavoratore avesse inforcato gli occhiali e ciò escludeva ogni responsabilità datoriale,  reputandosi non ragionevole pretendere che la vigilanza datoriale dovesse estendersi all'accertamento costante sul rispetto delle  disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro.

Il lavoratore aveva quindi ricorso per la cassazione del giudizio merito, denunciando la violazione  dell’art.4 del D.Lgs n.547/1955 che prevede, tra gli ulteriori obblighi del datore, quello di disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione. Inoltre, nella controversia in commento, era emerso che il dipendente, assunto con contratto di formazione e lavoro e quindi privo di esperienza, non fosse addetto normalmente alla mansione svolta al momento dell'infortunio e non era stato adeguatamente formato alla stessa.

Il ricorrente sottolineava, altresì, la natura di norma di chiusura del sistema dell'art. 2087 c.c. operante anche in presenza di comportamento imprudente del lavoratore, chiedendo alla Suprema Corte  se il datore sia tenuto a vigilare sul rispetto da parte del lavoratore di tutte le norme antinfortunistiche e sull'utilizzo di tutti i dispositivi di sicurezza per la tutela dell'incolumità fisica, rispondendo dei danni subiti in ipotesi di mancata osservanza delle prescrizioni.

Il lavoratore sosteneva, infine, che spettasse al datore di lavoro l’obbligo di informazione, nonché  quello di formazione, e che, nella specie, non era stata fornita la prova dell'avvenuta partecipazione del dipendente ai corsi a tal fine organizzati, essendo, anzi, risultato che la firma di presenza apposta nell'attestato di partecipazione al corso di formazione non apparteneva al lavoratore.

La pronuncia della Cassazione
Nel respingere il ricorso  la Cassazione ha precisato che la Corte territoriale aveva accertato  che il lavoratore era stato adeguatamente istruito sull’attività svolta al momento dell’infortunio e che allo stesso era stato consegnato un kit che conteneva, tra l'altro, guanti ed occhiali, indispensabili  anche durante le operazioni di verniciatura.

Le prove testimoniali avevano poi attestato che il giorno dell’infortunio  il lavoratore aveva indossato gli occhiali protettivi all’inizio della lavorazione.

Per la Cassazione la pronuncia di appello risulta immune da vizi logici nella parte in cui ha ritenuto che il datore di lavoro non è responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore per aver omesso di controllare e vigilare che tali misure fossero state effettivamente usate dal dipendente, in quanto, pur non assumendo valore esimente per l'imprenditore l'eventuale concorso di colpa del lavoratore, può configurarsi un esonero da responsabilità dell’azienda quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità e dell'assoluta inopinabilità.

La Suprema Corte ha ricordato che l'eventuale colpa del lavoratore, dovuta ad imprudenza, negligenza o imperizia, non elimina quella del datore di lavoro, sul quale incombe l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, non essendo sufficiente un semplice concorso di colpa del lavoratore per interrompere il nesso di causalità.

Tuttavia, nel caso di specie, la Corte di Appello aveva correttamente valutato che la condotta del lavoratore era configurabile come imprevedibile e assolutamente anomala. Il ricorrente, infatti, stava eseguendo le ordinarie mansioni assegnategli, munito delle protezioni prescritte, allorché, inopinatamente, appena sfuggito alla sorveglianza del capo officina, si era tolto gli occhiali.

La pronuncia appellata risulta corretta anche nel rispetto dei principi costantemente enunciati dalla Corte di legittimità (1) volti ad escludere la responsabilità del datore nel sinistro, dal momento che lo stesso aveva provveduto a fornire, a mezzo dei suoi preposti, i necessari mezzi di protezione, ad impartire istruzioni sull'uso degli stessi e a vigilare sul rispetto delle istruzioni impartite nonché sull'uso degli occhiali di protezione durante la lavorazione e che, rispetto al puntuale assolvimento di tutti questi obblighi, la condotta del lavoratore aveva assunto il carattere dell'assoluta imprevedibilità.

Gli ermellini hanno osservato che, se pure è principio pacifico  che il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma dell'art. 2087 cod. civ. si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti, esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone precisi obblighi di formazione e addestramento (2), le considerazioni che precedono si rivelano assorbenti, attesa la connotazione di imprevedibilità del contegno tenuto nel caso in commento dal lavoratore.

Infine, e con riguardo specificamente ai rilievi formulati sulla mancata formazione del dipendente, la  Corte ha giudicato assolto l'obbligo formativo e informativo, indipendentemente ed al di là della partecipazione del lavoratore al corso di formazione in relazione al cui attestato erano emerse perplessità in ordine all'autenticità della firma apposta dal lavoratore.

Alla stregua delle richiamate considerazioni, la Corte, nel rigettare il ricorso, ha disposto per la compensazione tra le parti delle spese di lite del giudizio di legittimità in relazione alla difficoltà di ricostruzione della fattispecie ed alla peculiarità della stessa.

Valerio Pollastrini

 

(1)   - v. Cass. 8 marzo 2006 n. 4980; Cass. 23aprile 2009 n. 9689, Cass. 10.9.2009 n. 19494; Cass. 25.2.2011 n. 4656 e, da ultimo, Cass. 10 gennaio 2013 n. 536;

(2)    - cfr. Cass. 18 maggio 2007 n. 11622; Cass. 24 gennaio 2012 n. 944 e, in precedenza, Cass. 12 gennaio 2002 n. 326; Cass. 2 ottobre 1998 n. 9805;

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