Nella sentenza n.23121 dell’11 ottobre
2013 la Cassazione ha stabilito che il
dipendente può essere direttamente chiamato al versamento delle ritenute
fiscali omesse dal datore di lavoro.
Il caso è quello di un lavoratore che
aveva impugnato dinnanzi alla Commissione Tributaria di Imperia un avviso di accertamento
emesso dall’Agenzia delle Entrate, relativo, tra l’altro, alle ritenute Irpef
non versate dal suo datore di lavoro.
La Commissione Tributaria Provinciale
aveva accolto il ricorso del lavoratore, ritenendo che l'Amministrazione
avrebbe dovuto preventivamente escutere il patrimonio del datore di lavoro e
solo in caso di esito negativo emettere l'accertamento nel confronti del
lavoratore.
La Commissione Regionale aveva successivamente
rigettato l’appello dell’Agenzia,
ricordando che l'art. 35 dpr 602/73 subordina il sorgere del vincolo di coobbligazione in solido del "sostituito"
al momento dell'iscrizione a ruolo del "sostituto", in ordine alle imposte
per le quali quest'ultimo non aveva effettuato, né le ritenute, né i relativi
versamenti (circostanza non verificatasi nel caso di specie).
La Commissione aveva accertato che il
reddito di lavoro del contribuente rappresentasse la sua unica fonte di reddito, non concorrendo a formare la base imponibile
insieme ad altri redditi e, pertanto, la ritenuta di imposta non aveva più il
carattere dì ritenuta d'acconto ma quello di ritenuta definitiva di imposta,
rispetto alla quale, la posizione del "sostituito" era residuale e
diveniva operante solo nel caso fosse stata accertata l'omissione del
"sostituto" in ordine, sia alla ritenuta, sia al versamento.
L’Agenzia delle Entrate aveva proposto
ricorso per Cassazione, contestando alla Commissione Tributaria Regionale di
aver erroneamente ritenuto che, in presenza di un'unica fonte di reddito
costituita da lavoro dipendente, operasse il sistema della ritenuta d'imposta
(con conseguente posizione residuale del sostituito e non applicabilità del
menzionato art. 35).
A detta del ricorrente, tale norma si
limita all'espressa previsione della solidarietà tra sostituto e sostituito
nella fase di riscossione, ma che non vi
sia alcuna ragione per escludere i redditi di lavoro dipendente - che si pongono
quale unica fonte di reddito- dall'applicabilità della ritenuta alla fonte a
titolo di acconto.
La
pronuncia della Cassazione
Nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia,
la Corte ha richiamato una precedente pronuncia (1) nella quale aveva affermato che costituisce ritenuta
a titolo di acconto quella operata su di un reddito concorrente a formare la
base imponibile, mentre costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata
su di un reddito non assoggettabile ad imposizione. Ciò comporta che se il
reddito in questione non è esente da imposta e concorre a formare la base
imponibile, la ritenuta è appunto un acconto che potrà evidenziare la
sussistenza di un ulteriore debito o del diritto al rimborso.
Nel caso in cui detto reddito non
concorre a formare la base imponibile, la ritenuta costituisce un'imposta
"secca", avendo evidentemente il legislatore ritenuto trattarsi
comunque di una manifestazione di ricchezza, come tale assoggettabile a
prelievo in via definitiva, in misura non ancorata all'ammontare complessivo
dei redditi del contribuente.
A detta della Suprema Corte, siffatta
classificazione non appare, tuttavia, rilevante nel caso di specie, in quanto,
a prescindere se la ritenuta sia prevista a titolo di imposta o a titolo di
acconto, il fatto che il D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 64, comma 1, definisca il sostituto d'imposta come
colui che "in forza di disposizioni
dì legge è obbligato al
pagamento di imposte in luogo di altri... ed anche a titolo di acconto"
non toglie che, in ogni caso, anche il sostituito debba ritenersi già
originariamente (e non solo in fase di riscossione, come espressamente ribadito
dai citato art. 35) obbligato solidale al pagamento dell'imposta;
Il lavoratore, in questo caso, mantiene
naturalmente il diritto di regresso
verso il sostituto che, dopo avere eseguito la ritenuta, non l'abbia versata
all'erario, esponendolo così all'azione del fisco (2).
Per le richiamate motivazioni la Corte
ha cassato la gravata sentenza che aveva omesso il corretto utilizzo del predetto
principio ed ha rinviato la decisione alla Commissione Tributaria della Regione
Liguria che, in diversa composizione, dovrà provvedere anche a regolare le
spese del giudizio di legittimità.
Valerio Pollastrini
(1) - v.
Cass. 4509/2012;
(2) - Cass. 14033/2006; 24962/2010;
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