Con
Interpello n.30/2013 Confindustria ha richiesto al Ministero del lavoro
chiarimenti sul criterio utile per il computo dei rapporti di lavoro a tempo
determinato, ai fini dell’applicazione di specifiche previsioni di legge,
quali:
- art.
8, D.Lgs. n. 368/2001 per il riconoscimento dei diritti sindacali di cui
all’art. 35, L. n. 300/1970;
- art.
12, D.Lgs. n. 25/2007, sulla disciplina dell’informazione e della consultazione
dei lavoratori;
- art.
2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012, concernente i CAE (Comitati Aziendali Europei).
L’Ente
interpellato ha preliminarmente esaminato le normative di riferimento richiamate
nell’istanza, ricordando come, ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali,
“i limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell'articolo 35 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul
numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi
due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro”.
Analogamente,
in ordine alla disciplina dell’informazione e della consultazione dei
lavoratori, l’art. 3, D.Lgs. n. 25/2007 prevede
che “la soglia numerica occupazionale è definita nel rispetto delle norme di
legge e si basa sul numero medio mensile dei lavoratori subordinati, a tempo
determinato ed indeterminato, impiegati negli ultimi due anni, sulla base
dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro”.
Il Ministero ha quindi affermato che dalla lettura delle
disposizioni sopra indicate si evince che, ai fini della corretta determinazione
della base di computo, occorre effettuare la somma di tutti i periodi di
rapporto di lavoro a tempo determinato, svolti a favore del datore di lavoro
nell’ultimo biennio e successivamente dividere il totale per 24 mesi. Il
risultato così ottenuto consente infatti di determinare, così come richiesto
dal Legislatore, il numero medio mensile dei lavoratori subordinati impiegati
nell’arco di 24 mesi.
A titolo esemplificativo, nell’ipotesi di due lavoratori a
tempo determinato con rapporti di lavoro rispettivamente pari a 12 per ciascuno
nel corso degli ultimi due anni, si procederà a sommare la durata di ciascun
rapporto (12 mesi + 12 mesi = 24 mesi ) per poi dividere tale risultato per 24
mesi (24 : 24 = 1 unità lavorativa). Ne consegue che il numero medio mensile
dei lavoratori subordinati impiegati nell’arco di 24 mesi è pari a 1 unità.
Con le medesime modalità, nel caso di due lavoratori a
termine con rapporti di lavoro rispettivamente pari a 12 e 16 mesi, si dovrà
effettuare la somma di 12 mesi + 16 mesi = 28 mesi e divedere il totale sempre
per 24 mesi (28 : 24 = 1,16) arrotondando il risultato ad una unità lavorativa;
la soluzione segue infatti il criterio dell’arrotondamento per difetto nelle
ipotesi in cui il risultato sia compreso tra 0,01 e 0,50, mentre qualora sia
compreso tra 0,51 e 0,99 si procede all’arrotondamento ad unità (es. 1,50 = 1
unità; 1, 51 = 2 unità).
Per quanto attiene invece ai Comitati Aziendali Europei, nell’art.
2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012 il riferimento alla “ponderazione” non
sembra modificare nella sostanza il criterio di computo contemplato dalle due
disposizioni innanzi menzionate. Ai sensi di tale disposizione, infatti, “le
soglie minime prescritte per il computo dei dipendenti si basano sul numero
medio ponderato mensile di lavoratori impiegati negli ultimi due anni”,
riferendosi in tal modo sia ai rapporti di lavoro a tempo determinato che a
quelli a tempo indeterminato in linea con quanto stabilito dalla precedente
disposizione normativa del 2007.
In conclusione, il Ministero ha chiarito che il criterio
di computo dei contratti a tempo determinato sopra descritto possa trovare
applicazione nelle fattispecie richiamate dall’art. 8, D.Lgs. n. 368/2001,
dall’art. 12, D.Lgs. n. 25/2007 e dall’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012.
Valerio
Pollastrini
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