Nella sentenza n.10959 del 9 maggio 2013 la Corte di Cassazione si è
pronunciata a proposito della legittimità di un licenziamento irrogato ad un
lavoratore per infedeltà nel confronti del datore di lavoro.
Il caso è quello del dipendente di un’azienda di riscossione crediti. Il
lavoratore aveva il compito di notificare le cartelle esattoriali, oltre ad
altri adempimenti connessi al recupero delle somme iscritte a ruolo.
Dopo aver accertato che il lavoratore aveva suggerito ad alcuni debitori esecutati le modalità oppositive
rispetto all’esecuzione, il datore di lavoro aveva
provveduto al suo licenziamento per giusta causa.
Il ricorso con il quale il lavoratore aveva richiesto la ricollocazione al
lavoro era stato respinto nel primo grado di giudizio ma successivamente
accolto dalla Corte di Appello.
L’azienda aveva quindi ricorso in Cassazione che ne ha accolto le
doglianze.
La Suprema Corte ha sconfessato l’operato del giudice di appello che, nell’esprimere un giudizio di sproporzione
della sanzione irrogata rispetto alla condotta contestata ed accertata, aveva
del tutto omesso di valutare alcune circostanze di fatto poste in relazione con
altre condotte accertate, rivelatrici di un comportamento del dipendente
contrastante con i doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del
rapporto, così giustificando la risoluzione.
La Cassazione ha precisato come i giudici di merito, nel valutare la
condotta del dipendente, avrebbe dovuto tener conto della delicatezza delle
funzioni svolte. Quella dell’ufficiale di riscossione di tributi è un’attività
operata a diretto contatto con i soggetti tenuti all’adempimento di
obbligazioni connesse ad un pubblico interesse. Per tale motivo al lavoratore
veniva richiesto un comportamento improntato ad una particolare correttezza e
trasparenza nell’esecuzione della prestazione.
Ai fini della legittimità di un licenziamento per giusta causa, la Suprema
Corte ha ricordato che, per accertare la proporzionalità della sanzione, è necessaria
una valutazione della condotta complessiva del lavoratore e non relativa ad un
singolo episodio.
Dopo questa premessa la Corte ha deciso per la cassazione della sentenza di
appello in quanto insufficientemente motivata, disponendo che la valutazione
sulle incidenze della condotta tenuta dal dipendente, debba essere nuovamente
valutata dal giudice del rinvio, che dovrà dunque provvedere definitivamente alla reintegra o al
licenziamento del lavoratore.
Valerio Pollastrini
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