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giovedì 10 ottobre 2013

Legittimo adibire il dipendente a mansioni inferiori per salvaguardarne il posto di lavoro


Per la legittimità di un licenziamento irrogato per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore non è sufficiente la reale sopraggiunta incapacità del dipendente allo svolgimento delle proprie attività. Il datore di lavoro deve, altresì, provare l’impossibilità di collocare il prestatore di lavoro ad altre mansioni compatibili con il suo stato di salute, anche se inferiori.
A ricordarlo è la Corte di Cassazione che, nella sentenza n.18535 del 2 agosto 2013, ha ribadito che spetta al datore di lavoro fornire in giudizio la prova delle attività svolte in azienda, della relativa inidoneità fisica del lavoratore e dell'impossibilità di adibirlo ad esse per ragioni di organizzazione tecnico-produttiva.
Secondo la Corte la possibilità di adibire il dipendente a mansioni inferiori al fine di salvaguardarne il posto di lavoro presuppone necessariamente il consenso dell'interessato.
L'orientamento giurisprudenziale favorevole in questi casi alla validità del cd. "patto di dequalificazione" (1),  si basa, infatti, sulla premessa che in realtà non si tratta di una deroga all'art. 2103 c.c. che sancisce il divieto inderogabile alla variazione in peius delle mansioni del lavoratore, ma di un adeguamento del contratto alla nuova situazione di fatto. Un adeguamento che, però, deve essere sorretto dal consenso dello stesso lavoratore.
La Suprema Corte ha poi richiamato un’altra precedente pronuncia di legittimità (2) nella quale aveva affermato che, ove il lavoratore, nell’atto di costituzione nella prima occasione processuale non abbia manifestato la disponibilità ad essere adibito anche a mansioni eventualmente inferiori, non può poi lamentare che il datore di lavoro non abbia completamente assolto all'onere probatorio su di lui incombente.
La  Corte ha concluso, pertanto, che il datore di lavoro è tenuto a giustificare oggettivamente il recesso per inidoneità sopravvenuta, anche con l'impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni non equivalenti, nel solo caso in cui quest’ultimo abbia, in qualunque forma, manifestato la sua disponibilità ad accettarle.

Valerio Pollastrini

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