Per la legittimità di
un licenziamento irrogato per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore non
è sufficiente la reale sopraggiunta incapacità del dipendente allo svolgimento
delle proprie attività. Il datore di lavoro deve, altresì, provare l’impossibilità
di collocare il prestatore di lavoro ad altre mansioni compatibili con il suo
stato di salute, anche se inferiori.
A ricordarlo è la
Corte di Cassazione che, nella sentenza n.18535 del 2 agosto 2013, ha ribadito
che spetta al datore di lavoro fornire in giudizio la prova delle attività
svolte in azienda, della relativa inidoneità fisica del lavoratore e dell'impossibilità
di adibirlo ad esse per ragioni di organizzazione tecnico-produttiva.
Secondo la Corte la
possibilità di adibire il dipendente a mansioni inferiori al fine di
salvaguardarne il posto di lavoro presuppone necessariamente il consenso
dell'interessato.
L'orientamento giurisprudenziale
favorevole in questi casi alla validità del cd. "patto di dequalificazione"
(1), si basa, infatti, sulla premessa che in realtà
non si tratta di una deroga all'art. 2103 c.c. che sancisce il divieto
inderogabile alla variazione in peius
delle mansioni del lavoratore, ma di un adeguamento del contratto alla nuova
situazione di fatto. Un adeguamento che, però, deve essere sorretto dal consenso
dello stesso lavoratore.
La Suprema Corte ha
poi richiamato un’altra precedente pronuncia di legittimità (2) nella quale aveva affermato che, ove il lavoratore,
nell’atto di costituzione nella prima occasione processuale non abbia
manifestato la disponibilità ad essere adibito anche a mansioni eventualmente
inferiori, non può poi lamentare che il datore di lavoro non abbia
completamente assolto all'onere probatorio su di lui incombente.
La Corte ha concluso, pertanto, che il datore di
lavoro è tenuto a giustificare oggettivamente il recesso per inidoneità
sopravvenuta, anche con l'impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni
non equivalenti, nel solo caso in cui quest’ultimo abbia, in qualunque forma,
manifestato la sua disponibilità ad accettarle.
Valerio Pollastrini
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