Con la sentenza n.22076 del 26 settembre
2013 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il provvedimento sospensivo
adottato nei confronti del dipendente che, venendo meno all'obbligo di
diligenza, si era rifiutato di
collaborare con la collega incitandola a non produrre.
Ai sensi dell’articolo 2104 del codice
civile il prestatore di lavoro è chiamato ad utilizzare la diligenza richiesta
sia dalla natura della prestazione dovuta che dall'interesse dell'impresa. Ciò comporta l’obbligo
per il lavoratore di osservare le
disposizioni impartite dall’imprenditore o dai superiori gerarchici per
l'esecuzione e per la disciplina del lavoro.
Dall’obbligo di diligenza deriva, a
carico del lavoratore, l’ulteriore obbligo di collaborazione all’interno dell’azienda.
Si tratta di doveri insiti nel rapporto di lavoro che impongono al dipendente,
non soltanto di porre formalmente a disposizione dell'imprenditore le sue energie lavorative, ma
anche la conformazione del suo comportamento verso modalità tali da consentire
al datore di lavoro l’utilizzo proficuo delle stesse.
Il caso di specie si riferisce ad un
dipendente di “Trenitalia Spa” che, dopo
essere giunto in ritardo allo sportello della biglietterie, in seguito ad
alcune anomalie riscontrate nel sistema di vendita computerizzato aveva omesso
di attivare il sistema di vendita manuale dei biglietti invitando una collega,
addetta al servizio, a fare altrettanto.
Dopo essersi allontanato per recarsi al
bar, al suo rientro il lavoratore aveva avuto un diverbio con la collega,
pronunciando nei suoi confronti frasi offensive dell'onore e della dignità
della persona.
La Corte di Appello aveva accertato che
non vi fosse stata alcuna provocazione, lamentata invece dal lavoratore per
giustificare la sua reazione verbale nei confronti della collega. Quest’ultima,
infatti, si era limitata solamente ad osservare i doveri previsti dal suo
ufficio, mentre il ricorrente non aveva fatto altrettanto ed aveva addirittura invitato
la collega a violarli.
In considerazione del dovere di
collaborazione, rientrante nell'alveo del concetto di diligenza richiesto dal
richiamato art. 2104 cod. civ., la Cassazione ha ritenuto pienamente legittima
la richiesta di collaborazione che la collega aveva rivolto al ricorrente. L’immotivato rifiuto di quest’ultimo
costituiva, pertanto, una violazione disciplinare
idonea ad integrare l'ipotesi della provocazione nel contesto delle relazioni
intersoggettive tra colleghi.
Valerio Pollastrini
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