Nella sentenza n.
23172 dell'11 ottobre 2013, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’eccessiva
lentezza del dipendente nell’esecuzione della propria prestazione lavorativa ne
legittima il licenziamento. Una simile condotta è, infatti, potenzialmente
idonea a ledere irreparabilmente il
vincolo fiduciario con il datore di lavoro.
Nel caso di specie, oltre alla
lentezza nell’assolvimento dei compiti assegnati, erano state accertate, ai
danni del dipendente, frequenti irreperibilità, il rifiuto di utilizzare il
computer, l’incapacità di lavorare in gruppo e l’inosservanza delle sanzioni
disciplinari ricevute.
In linea generale, ciascuna prestazione lavorativa deve essere
eseguita con la professionalità e la diligenza richieste dal tipo di attività
svolta.
Ai fini della legittimità del licenziamento per scarso rendimento è
indispensabile accertare se l’insufficiente produttività del dipendente
sia dovuta alla mancanza di impegno oppure a fattori contingenti, che esulino
quindi dalle singole capacità.
In base al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
per dimostrare la condotta colposa del dipendente è necessario individuare
preventivamente degli oggettivi livelli di prestazione che il datore di lavoro
può legittimamente esigere.
Si tratta di un’analisi valutativa che deve tener conto delle prestazioni
medie dei lavoratori adibiti alle medesime mansioni.
Un’evidente sproporzione tra gli obiettivi fissati nei programmi di
produzione e quelli effettivamente raggiunti costituisce lo strumento utile a
dimostrare la negligenza del lavoratore.
Valerio Pollastrini
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