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sabato 5 ottobre 2013

Condizioni richieste al datore di lavoro per effettuare una nuova assunzione dopo un licenziamento per ragioni organizzative


Nella sentenza n.18416 del 1° agosto 2013 la Corte di Cassazione ha ribadito che, dopo un licenziamento per ragioni organizzative, spetta al  datore di lavoro l’onere di provare che un’eventuale nuova assunzione si riferisca a mansioni non equivalenti a quelle svolte dal lavoratore licenziato.

Ai sensi dell’art.3 della legge n.604/66, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

Il "motivo oggettivo" è rimesso esclusivamente alla valutazione del datore di lavoro, in quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art.41 della Costituzione.

Se al giudice è  dunque preclusa la possibilità di sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, gli viene, invece, riconosciuto  il potere di controllo sulla reale sussistenza delle esigenze tecnico-economiche dedotte dal datore di lavoro,  vale a dire, della effettività e della non pretestuosità del riassetto organizzativo operato.

Si tratta di principi più volte enunciati dalla Suprema Corte, che, nella circostanza in commento, ha aggiunto altresì come l'onere probatorio sull'effettiva sussistenza del motivo  addotto  per il licenziamento grava interamente sul datore di lavoro che, anche attraverso elementi presuntivi ed indiziari,deve dimostrare l'impossibilità di utilizzare il lavoratore licenziato in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte. La Corte ha ricordato che questa prova  non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell'accertamento di un possibile repechage, mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato (1).

Quanto alla circostanza di assunzione di nuovo personale, avvenuta successivamente al licenziamento, la Corte ha ricordato che, per ritenere provata  l’inutilizzabilità  del lavoratore licenziato, il datore di lavoro deve dimostrare che    la qualifica e le mansioni affidate al nuovo assunto, non siano equivalenti a quelle svolte dal lavoratore licenziato, tenuto conto del bagaglio professionale raggiunto da quest’ultimo al momento del recesso.

Valerio Pollastrini


(1)   - Cass. 8 febbraio 2011 n. 3040; Cass. 18 marzo 2010 n. 6559; Cass. 22 agosto 2007 n. 17887;

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