Nella sentenza n.17177 dell’11 luglio
2013 la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la questione dei criteri di
scelta che l’azienda deve utilizzare per individuare in maniera oggettiva i
lavoratori colpiti da licenziamento per
riduzione del personale.
Per tale fattispecie di recesso il
dettato normativo è costituito dalla
legge n.223/1991, il cui comma 1, art.5, dispone che “l’'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve
avvenire, in relazione alle esigenze
tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto
dei criteri previsti dai contratti collettivi stipulati con i sindacati (…)
ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in
concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità; c) esigenze tecnico-produttive ed
organizzative".
Il primo richiamo della norma alle “esigenze
tecnico-produttive ed organizzative” si riferisce all’individuazione dell’ambito
aziendale all’interno del quale dovranno essere operati i criteri di scelta
veri e propri. Il secondo richiamo specifica, invece, che, in caso di
utilizzabilità dei criteri legali, debba essere considerato anche quello delle
esigenze tecnico produttive e organizzative.
Per quanto riguarda l’ambito aziendale
nel quale può essere circoscritta la scelta dei lavoratori in esubero, la
Suprema Corte ha tratto spunto dai propri precedenti, ricordando come la
riduzione di personale debba investire l'intero complesso aziendale, potendo
essere limitata a specifici rami aziendali solamente se caratterizzati da
autonomia e specificità delle professionalità utilizzate, infungibili rispetto
alle altre (1).
Ciò di per sé chiarisce i motivi del
doppio richiamo operato nel citato art.5 alle "esigenze tecnico-produttive
ed organizzative" che, nella prima parte, evidenziano l'ambito di
selezione, mentre, nella seconda,
concorrono, in un momento successivo, con gli altri criteri dell'età e
del carico di famiglia, all'individuazione del singolo lavoratore, salvo che
non operino altri criteri specificamente concordati con i sindacati.
Sempre richiamando i propri precedenti
in materia, la Corte ha affermato che, per limitare la platea dei lavoratori
interessati alla riduzione del personale ai soli addetti ad un determinato
reparto o settore, il datore di lavoro deve operare esclusivamente in base ad
oggettive esigenze aziendali relative al progetto di ristrutturazione. In sostanza,
il datore di lavoro deve provare le
ragioni che impongano l'oggettiva
limitazione a queste esigenze, e giustificare il più ristretto
spazio nel quale la scelta sia stata
effettuata (2).
Sulla base di questa ricostruzione ed in
virtù dei principi più volte affermati, la Corte ha, pertanto, concluso che non
può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel
reparto lavorativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di
professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative
dell’azienda (3).
Valerio
Pollastrini
(1)
- Cass. 14 giugno 2007 n. 13876 e, in
precedenza, Cass. sent. nn. 7752/06, 9888/06, 11034/06 e 11886/06;
(2)
- Cass. 23 giugno
2006, n. 14612;
(3) - Cass. n. 14 612/06, n. 25353/09, n. 9711/11; v. pure
Cass. n. 2637 6/08, n. 11034/0 6, n. 13783/06;
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