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sabato 31 agosto 2013

Illegittimo licenziare il dipendente che ha accettato un omaggio natalizio da un fornitore


In merito alla legittimità di un licenziamento disciplinare, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.15926 del 25 giugno 2013,  ha ribadito il principio della necessaria proporzionalità tra la condotta contestata al lavoratore e la sanzione irrogata dall’azienda. Il datore di lavoro può far ricorso alla pena espulsiva solo in presenza di una violazione così grave da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario tra azienda e dipendente nella gestione del rapporto di lavoro.
Il caso è quello di un dipendente di Fiat Group Automobiles Spa licenziato per aver ricevuto  un omaggio da parte di un fornitore senza avere informato i superiori.
Il lavoratore, impiegato di VI° livello, incaricato di preparare i progetti di disinvestimento relativi a macchinari ed attrezzature, aveva accettato nello specifico un’agenda contenente al suo interno cinque buoni di benzina per un valore complessivo di 50 euro, con ciò violando, a detta del datore di lavoro, i doveri di diligenza e di fedeltà all’azienda, prescritti dagli articoli 2104 e 2105 cod. civ.
A nulla era valsa, nel corso dell’iter disciplinare che aveva preceduto il licenziamento, la difesa del lavoratore  che, dopo aver ricordato che nel corso di oltre 30 anni di servizio non aveva mai ricevuto una sanzione, aveva obiettato che  l’omaggio in questione rientrasse tra i doni natalizi che i fornitori erano soliti recapitare a funzionari e dirigenti in totale trasparenza.
 
I primi due gradi di giudizio
Il lavoratore si era quindi rivolto  al Giudice del lavoro lamentando l’illegittimità del licenziamento subito. Il Tribunale, dopo aver accolto   integralmente le richieste del dipendente, aveva  disposto l’annullamento del licenziamento, con  condanna dell’azienda alla reintegrazione dello stesso nel posto di lavoro ed al conseguente pagamento del risarcimento del danno.
Nel secondo grado di giudizio la Corte di Appello di Torino aveva però successivamente riformato integralmente la decisione di primo grado, ritenendo legittimo il licenziamento.
Il lavoratore aveva pertanto proposto ricorso per cassazione.
 
La pronuncia della Cassazione
La Suprema Corte  ha accolto il ricorso del lavoratore, sconfessando la precedente pronuncia della Corte territoriale.
La Corte d’Appello  aveva giudicato  il comportamento contestato al lavoratore  idoneo a ledere irreparabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, in considerazione della mancata segnalazione del fatto ai superiori, della modalità di erogazione del regalo, della natura dell’oggetto (facilmente occultabile), nonché del disvalore ambientale da ascrivere alla condotta stessa in virtù della posizione professionale del lavoratore e del potenziale carattere diseducativo del suo comportamento per gli altri dipendenti. Tutto ciò, indipendentemente  dal modesto valore economico del dono.
Tali motivazioni non sono state condivise dalla Cassazione che le ha ritenute non conformi ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità che impongono, per vagliare la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, una valutazione  del complessivo comportamento del prestatore. La condotta oggetto di contestazione deve infatti essere  esaminata sia nel suo contenuto oggettivo, ossia con riguardo alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate, sia nella sua portata soggettiva, e, quindi, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, agli effetti e all’intensità dell’elemento volitivo dell’agente.
La Suprema Corte conferma, in particolare, che il giudizio di proporzionalità della sanzione del licenziamento  all’illecito commesso deve essere effettuato sulla base della valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in tutti i suoi connotati oggettivi e soggettivi. L’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta quindi giustificata solamente in presenza di un notevole violazione degli obblighi contrattuali,  tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.
La Cassazione ha osservato che nel caso in esame  la Corte territoriale ha effettuato la valutazione  della condotta addebitata al lavoratore ai fini del licenziamento  senza prenderne adeguatamente in considerazione il complessivo comportamento, sia nel suo contenuto oggettivo, sia nella sua portata soggettiva e senza, conseguentemente, aver motivato in modo adeguato e corretto la propria decisione sulla ritenuta idoneità del comportamento stesso a giustificare la massima sanzione espulsiva.
In sostanza,a detta della Corte, il giudice di appello non ha adeguatamente contestualizzato il fatto, ponendo in rilievo le modalità dell’erogazione, ossia  buoni benzina nascosti in una agenda, e la natura dell’oggetto, facilmente occultabile, mentre, al contempo ha erroneamente considerato di minore importanza la circostanza che si fosse trattato di un dono natalizio, che lo stesso fornitore, così come altri, era solito recapitare a funzionari e dirigenti dell’azienda “alla luce del sole”, cosa avvenuta, tra l’altro, nei confronti di tutto il team del lavoratore licenziato.
A tale ultimo riguardo, la Corte territoriale aveva attribuito rilievo determinante alle “dimensioni” del dono, rispetto ai soliti “panettoni e bottiglie di spumante” regalati ad altri dipendenti – senza però considerare che un simile argomento avrebbe potuto essere utilizzato ove il regalo di piccole dimensioni fosse stato realmente prezioso, mentre appare del tutto improprio nella specie, visto che il valore del regalo oggetto di contestazione non è dissimile a quello dei doni “più ingombranti”, genericamente richiamati dalla Corte territoriale.
Nel dare particolare importanza alla posizione del lavoratore all’interno dell’organico aziendale,   la Corte di Appello aveva sottolineato che il lavoratore, impiegato di VI livello con la qualifica di “Specialista di Gestione Iniziative dell’Ente Ingegneria di Produzione”, comportante le mansioni di “preparazione dei progetti di disinvestimento macchinari e attrezzature”, si trovava ai massimi livelli della categoria impiegatizia e godeva di un margine di relativa discrezionalità e di autonomia nell’indicazione dei fornitori e nella valutazione del loro operato.
La Corte territoriale non ha posto però in rilievo i seguenti elementi:
-          in oltre trenta anni di lavoro alle dipendenze della Fiat Group Automobiles il lavoratore licenziato non aveva ricevuto alcuna sanzione;
-         il margine di discrezionalità riconosciuto al lavoratore era solo “relativo”;
-          quand’anche il lavoratore avesse goduto di  una notevole autonomia, il valore venale del dono avrebbe dovuto considerarsi del tutto inidoneo ad infondere il “sospetto di tendere a realizzare una captatio benevolentiae quanto meno imbarazzante”.
Queste erronee premesse hanno indotto la Corte di Appello ad affermare che la ricezione di un regalo, senza averlo indicato ai superiori, a prescindere dal modesto valore economico, dovesse considerarsi lesivo della fiducia riposta nel lavoratore da parte del datore di lavoro.
Dopo questa lunga disamina, la Cassazione ha concluso che la  Corte d’Appello, sulla base di una inadeguata ricostruzione del complessivo comportamento del lavoratore, ha effettuato una erronea valutazione della proporzionalità della condotta addebitabile al lavoratore – in realtà consistente soltanto  nella sola mancata segnalazione ai superiori della ricezione del dono e, come tale, meritevole  di una sanzione meno grave  del licenziamento.
Valerio Pollastrini

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