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sabato 16 marzo 2013

La denuncia dell’illecito compiuto dal datore di lavoro non può legittimare il licenziamento


Un lavoratore, insieme ad altri 5 colleghi, aveva denunciato alla magistratura alcune irregolarità   commesse dalla società datrice di lavoro in relazione a un appalto per la manuntenzione di semafori.
A sostegno di quanto dichiarato nell'esposto, l'uomo aveva allegato alcuni documenti aziendali, senza averne preventivamente informato i superiori.
L'azienda lo aveva conseguentemente  licenziato, contestandogli una condotta diffamatoria.
Dopo che la Corte di Appello di Napoli aveva confermato il licenziamento del lavoratore, la Corte di Cassazione ha sconfessato integralmente questa decisione.
Configurare tra le giuste cause di licenziamento la denuncia di fatti illeciti commessi in azienda, ancor prima che essi siano oggetto di deliberazione giudiziaria, potrebbe riconoscere una sorta di dovere di omertà.
Appare evidente che non rientri tra i doveri del lavoratore quello di tacere fatti illeciti riscontrati all'interno dell'azienda.
Anche la contestazione inerente all'utilizzo dei documenti del datore di lavoro non puo' causare il recesso del dipendente, a meno che
l'azienda non fornisca elementi che smentiscano il lavoratore e che  dimostrino l'intento calunnioso della denuncia.
Naturalmente  gli stessi motivi di licenziamento sarebbero più che fondati qualora emergesse la precipua volontà del dipendente di danneggiare il proprio datore di lavoro. A tal fine e' pero' indispensabile dimostrare la sua mala fede, fatto che non puo' essere acclarato dall'archiviazione del suo esposto, che, di per se`,  non implica necessariamente il dolo  del denunciante.

Valerio Pollastrini

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